‘Ndrangheta: barche, ville e Ferrari nel patrimonio di Castagna

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Catanzaro – “Persona di elevata pericolosita’ sociale, qualificata dalla strumentalizzazione della forza intimidatoria e derivante da un’agguerrita associazione di stampo mafioso denominata clan Mancuso”. Cosi’ viene definito l’imprenditore vibonese Antonino Castagna a cui oggi la Dia di Catanzaro ha sequestrato beni per un valore di 80 milioni di euro. I particolari del provvedimento, emesso dal Tribunale di Vibo Valentia su proposta del direttore della Direzione investigativa antimafia, generale Nunzio Antonio Ferla, sono stati illustrati oggi nel corso di una conferenza stampa cui hanno preso parte il procuratore aggiunto Vincenzo Luberto, Il capo centro della Dia di Reggio Calabria Gaetano Scillia, il capo della sezione di Catanzaro Antonio Turi e il colonnello Michele Conte. L’imprenditore 64enne di Jonadi, attivo nel comparto delle costruzioni metalmeccaniche , farmaceutiche ed alimentari, anche estere, e’ stato arrestato nell’operazione “Black Money” per associazione a delinquere di stampo mafioso perche’ ritenuto organico alla cosca Mancuso di Limbadi nel Vibonese. Gia’ in fase di indagini preliminari la Dda di Catanzaro aveva chiesto il sequestro dei beni dell’imprenditore, ma il gip aveva rigettato la richiesta. Il traguardo e’ stato raggiunto oggi dopo un minuzioso lavoro di ricostruzione, effettuato dagli investigatori della Dia, della biografia criminale di Castagna a partire dall’operazione “Dinasty” del 2003. L’imprenditore nel 2011 e’ stato ritenuto responsabile dal Tribunale di Salerno, in concorso con Antonio Mancuso e Orazio Cicerone, di estorsione aggravata dalle modalita’ mafiose. Fondamentali per ricostruire il legame di Castagna con il clan di Limbadi sono state anche le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, come Angiolino Servello, Giuseppe Grasso ed Eugenio Polito. Secondo quanto si legge nel decreto di sequestro, l’imprenditore sarebbe “dedito abitualmente a traffici delittuosi ricollegabili alle attivita’ illecite del clan Mancuso, per la condotta e il tenore di vita, valendosi abitualmente dei proventi di attivita’ criminosa”.

Gli inquirenti ritengono che “la crescita e l’accumulo di ricchezza da parte dell’impresa sia stata agevolata dall’attivita’ illiceita’ del titolare appartenente alla consorteria criminale. Sembra appunto che l’imprenditore abbia quantomeno sfruttato la sua qualita’ mafiosa per crearsi condizioni di favore ponendo in essere attivita’ idonee a imporre, illecitamente, le proprie imprese sul mercato (estorsioni, truffe, sviamento della concorrenza, controllo mafioso della manodopera). Inoltre, – si legge sempre nel provvedimento – la situazione di sproporzione iniziale di Castagna e il repentino accumulo di ricchezze nel corso degli anni fanno ritenere che l’incremento patrimoniale sia frutto di attivita’ illecite”. Tra i beni sequestrati ci sono anche una Ferrari, due imbarcazioni d’altura, capannoni, ville, 6 societa’ e 44 rapporti finanziari. Il procuratore aggiunto Luberto ha voluto sottolineare “un dato importante che caratterizza la cosca Mancuso rispetto agli altri clan, ossia il fatto di spalmare il proprio patrimonio e le proprie attivita’ non all’interno della famiglia ma su prestanome che superano l’ambito familiare”. “Siamo in un territorio difficilissimo – ha aggiunto – siamo sempre troppo pochi per una criminalita’ che ha una presenza sul territorio che non ha eguali. Ci troviamo con risorse incongrue rispetto alle esigenze del distretto”. Il capo centro della Dia di Reggio Calabria ha reso noto lo straordinario risultato raggiunto dalla Direzione investigativa antimafia in Calabria: “In 17 mesi sono stati sequestrati o confiscati beni per 750 milioni di euro”.