Scuola: docenti calabresi chiedono incontro a Oliverio

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Lamezia Terme – Il Movimento Docenti Autoconvocati – Cosenza e il Collettivo Insegnanti calabresi – Lamezia chiedono al Presidente Regione Calabria, Mario Oliverio e al Vice Presidente Giunta regionale della Calabria Antonio Viscomi , un incontro urgente per confrontarsi sulla petizione che riguarda la richiesta di impugnazione da parte della Giunta regionale della Calabria della legge 107/2015 cosiddetta “La Buona Scuola”, così come già richiesto da diversi movimenti di docenti in altre regioni. In una lunga lettera, che pubblichiamo integralmente, spiegano le ragioni della richiesta dell’incontro: “Gentile Presidente, la riforma della scuola da poco approvata (Legge 107/2015) presenta evidenti profili di incostituzionalità:
l’evidente vulnus del diritto allo studio, in quanto l’alternanza scuola-lavoro, ivi compresa, è un obbligo e non una possibilità. Questo lede il diritto ad essere valutati esclusivamente per il proprio curriculum di studi. La stessa esperienza doveva evidentemente rientrare nelle more della volontarietà e non dell’obbligatorietà.
al dirigente scolastico è assegnato il potere di scegliere i docenti di cui necessita, conferendo agli stessi incarichi triennali. Ha facoltà, inoltre, di utilizzare docenti in classi affini, anche senza abilitazione, avendo quale unico prerequisito un titolo di studio valido per l’insegnamento di quella specifica disciplina. Si evince da questo che il potere di individuare i docenti in piena facoltà decisionale autonoma, ossia senza alcun criterio oggettivo, lede i diritti costituzionalmente garantiti di uguaglianza, diritto al lavoro, buon andamento ed imparzialità, perché il dirigente scolastico, nei fatti, potrebbe scegliere in base a criteri soggettivi e, soprattutto qui al SUD, non facciamo fatica a pensare a quali potrebbero essere.
il ruolo del docente è per natura libero, nel senso che ad esso è sottesa la libertà di insegnamento, garantita dall’art. 33 della Costituzione. Il dirigente, però, scegliendo i propri docenti e decidendo il piano dell’offerta formativa, con valore triennale, della scuola che dirige, potrebbe, nella sostanza, influenzare contenuti e modalità di quell’insegnamento la cui precipuità è da sempre la libertà. Inoltre la valutazione dei docenti verrà gestita da un comitato formato da docenti e dalle componenti genitori e alunni: gli stessi alunni che valuterà poi potrebbero valutarlo.
Di certo questa riforma vuole realizzare pienamente la scuola dell’autonomia, la cui legge istitutiva esiste da oltre 15 anni, ma pensare che la scuola potrà attrarre risorse esterne per migliorare è paradossale, perché una simile condizione dovrà necessariamente confrontarsi con il territorio in cui è allocata, per cui fattori economici, storici e sociali diventerebbero elementi di forte disparità tra le diverse scuole, in violazione dei principi fondativi di uno stato sociale, garantito attraverso gli artt. 2,3,33,41 dai Padri costituenti.
Infine, vorremmo porre l’attenzione su quanto accade in questi giorni in migliaia di famiglie calabresi: i docenti precari stanno per essere obbligati a scegliere tra il diritto alla famiglia e quello al lavoro, visto che gli stessi saranno costretti ad indicare nella richiesta di assunzione prevista dalla legge tutte le province italiane, con l’altissimo rischio di essere deportati in massa lontani dalla propria terra, dopo anni e anni di impegno nelle scuole della propria regione; anche per i docenti di ruolo non si ravvisano migliori prospettive perché anche questi saranno presto precarizzati, costretti ad una mobilita forzata in caso di esubero o per la contrazione dei posti che verrà generata dall’accorpamento delle classi di concorso che verranno ridotte da 168 a 114.
Questa insomma è in sintesi la “Buona Scuola”, una riforma che è stata definita da qualcuno, a buon motivo, “misogina” perché sono le donne ad essere maggiormente impegnate come lavoratrici in questo settore e sono loro che dovranno rinunciare a questo lavoro, ora che saranno costrette a scegliere; ma colpirà fortemente anche la Calabria e, quindi, le donne di Calabria, una regione in cui la scuola ha un alto valore sociale, una regione in cui la scuola rappresenta la più grande impresa per posti di lavoro, una regione in cui la scuola è il luogo della possibilità di cambiare, di riscattarsi.