Incendi: Legambiente, 35 mila ettari di zone protette in fumo

Roma – L’emergenza incendi non conosce tregua e non risparmia neanche le maggior aree di valore naturalistico, incluse quelle nella Rete Natura 2000. Non solo il Vesuvio, ma anche tante altre aree protette, nazionali e regionali, sono sotto la morsa dei roghi: dal Cilento e Vallo di Diano, al Gargano, dall’Alta Murgia alla Majella, dalla Sila al Pollino al Gran Sasso passando per la Riserva dello Zingaro in Sicilia, sono troppe le aree di pregio del centro-sud finite in balia di ecocriminali e piromani. Drammatici e preoccupanti i dati forniti da Legambiente che ha voluto confrontare e analizzare i dati cartografici delle superfici percorse dal fuoco raccolti dalla Commissione europea con quanta parte della “natura protetta” sia bruciata fino a oggi in Italia. Nel 2017 sono ben 24.677 gli ettari delle Zone di Protezione Speciale – ZPS (istituite in base alla direttiva Uccelli per tutelare l’avifauna e i loro habitat) bruciati dalle fiamme, 22.399 quelli dei Siti di Importanza Comunitaria – SIC (istituiti in base alla direttiva Habitat per preservare habitat e specie animali e vegetali minacciate presenti nel nostro Paese) andati in fumo e ben 21.204 gli ettari dei parchi e delle aree protette devastati dalle fiamme. Tenuto conto della parziale sovrapposizione delle tre tipologie, la superficie complessiva stimata colpita dai roghi ammonta a circa 35.000 ettari, un danno ingente al paesaggio, al patrimonio di biodiversita’ con rischi per l’incolumita’ delle persone e dei beni. Tra le regioni piu’ colpite Sicilia, Campania e Calabria. Legambiente sottolinea che quasi un terzo dell’intera superficie percorsa dal fuoco, tra il primo gennaio e il 6 agosto 2017, ha interessato le aree di maggior valore naturalistico presenti in Italia e incluse nella rete Natura 2000, la rete europea a cui afferiscono i SIC e le ZPS. Invece in tutta la Penisola la superficie complessiva bruciata, dall’inizio del 2017 fino al 10 agosto, ha superato quota 101.000 ettari, piu’ che raddoppiando quanto andato in fumo in tutto il 2016. E’ da sottolineare inoltre che i 101 mila ettari complessivi e’ un numero per difetto, in quanto la Commissione europea non mappa aree inferiori ai 20 ettari.
“Il 2017 verra’ ricordato, come lo furono il 2007 e il 1997, come un anno orribile per la devastazione prodotta dal fuoco che ha divorato anche gran parte del patrimonio naturalistico italiano – dichiara Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente – Governo, Regioni, Comuni ed Enti parco assumano piena consapevolezza del danno enorme che deriva dall’arrivare impreparati alla stagione critica per il rischio incendi, ancor piu’ oggi che i cambiamenti climatici stanno ulteriormente aggravando tale rischio. In particolare i diciassette anni trascorsi dalla pubblicazione delle legge 353 del 2000, che assegna competenze e ruoli per prevedere, prevenire e contrastare gli incendi boschivi, rappresentano un arco temporale tale da rendere inaccettabile questo disastro ambientale. Ognuno si assuma, dunque, le proprie responsabilita’ e assolva ai gia’ troppi ritardi accumulati fino a ora, prima che sia troppo tardi. Servono piu’ prevenzione e controlli e una efficace politica di adattamento ai cambiamenti climatici”.
Tornando ai dati elaborati da Legambiente, gli incendi nel 2017 hanno coinvolto in Italia 87 Siti di Importanza Comunitaria (principalmente in: 31 Sicilia, 24 Campania, 8 Calabria, 7 Puglia, 5 Lazio, 4 Liguria), 35 Zone di Protezione Speciale (10 Sicilia, 6 Campania, 5 Calabria, 5 Lazio, 3 Puglia, 1 Liguria) e 45 Parchi e Aree protette (12 Sicilia, 13 Campania, 5 Lazio, 4 Calabria, 4 Puglia, 1 Liguria), tra cui 9 Parchi nazionali, 15 Parchi regionali e 16 Riserve naturali. Le regioni che hanno perso il patrimoni maggiore sono: la Sicilia (con 11.817 ettari bruciati nei SIC, 8.610 nelle ZPS e 5.851 nelle Aree protette), la Campania (8.265 nei SIC, 4.681 nelle ZPS e 8.312 nelle Aree protette), la Calabria (666 ettari nei SIC, 3.427 nelle ZPS e 3.419 nelle Aree protette), la Puglia (1.687 nei SIC, 1.535 nelle ZPS e 1.283 nelle Aree protette), il Lazio (173 nei SIC, 2.797 nelle ZPS e 847 nelle Aree protette) e la Liguria (1.083 ettari nei SIC, 325 nelle ZPS e 300 nelle Aree protette). Legambiente ricorda che le Regioni sono le istituzioni che hanno la principale responsabilita’ per l’efficace ed efficiente gestione della rete Natura 2000, in questa emergenza incendi che ha devastato la Penisola e le aree di pregio naturalistico hanno dimostrato una grande impreparazione nel saper prevenire e mettere in sicurezza il prezioso patrimonio naturalistico dal rischio incendio.
In questa emergenza incendi che ha colpito anche la natura protetta, oltre ai troppi e ingiustificati ritardi regionali e nazionali, ha pesato anche la burocrazia, la mancanza di un’efficace macchina organizzativa, di politiche di gestione forestale sostenibili come dimostra la situazione reale e il ritardo nell’aggiornamento dei piani AIB dei parchi e delle riserve naturali dello Stato. Allo stato attuale risultano 13 piani AIB vigenti, otto con l’iter non ancora concluso e due Parchi (Stelvio e quello del Cilento e Vallo di Diano) con il piano antincendi recentemente scaduto e da aggiornare.
In particolare Legambiente ricorda che gli strumenti normativi che le aree protette hanno a disposizione sono il frutto della legge 353/2000 e prevedono che ogni area protetta nazionale, Parco o Riserva, si doti di un Piano antincendio boschivo. Il piano ogni tre anni viene redatto dall’area protetta e approvato dal ministero dell’Ambiente sentito il parere dell’ex Corpo Forestale dello Stato. Il Piano AIB di ogni aree protetta fara’ parte del Piano AIB della regione di competenza che ha invece validita’ annuale. Per l’associazione ambientalista e’ fondamentale allineare queste scadenze predisponendo per tutti piani annuali. Altra questione da risolvere sono i tempi di approvazione dei Piani che sono troppo lunghi e con passaggi complicati. “Un piano che deve rispondere a fenomeni cosi’ variabili, perche’ legati al clima che cambia – spiega Ciafani – si deve approntare in un mese al massimo e a ridosso dell’inizio della stagione estiva in modo da utilizzare analisi e previsioni piu’ credibili. Non puo’ essere percio’ piu’ il meccanismo di predisposizione, approvazione e inserimento nel piano regionale come prevede attualmente la legge 353/2000. E’ una norma che risponde alle esigenze di una burocrazia cervellotica ma non alle esigenze di tutela dei boschi dagli incendi”.
Altra questione riguarda il catasto delle aree percorse dal fuoco, che deve prevedere un aggiornamento automatico delle cartografie e dei vincoli a scala comunale. Per Legambiente non puo’ dipendere dalla volonta’ di un comune la vigenza di un vincolo su un’area incendiata, ma deve essere imposto da una autorita’ che impone in automatico il vincolo e la sua cogenza. Infine visti i ritardi che si sono verificati, l’associazione ambientalista propone di ristrutturare quella rete di presidio locale garantito negli ultimi 20 anni dalle associazioni di volontariato.