‘Ndrangheta: i clan, gli imprenditori e le societa’ fantasma

Reggio Calabria  – Ventisette fermi, 46 persone denunciate e 51 imprese sequestrate per un valore complessivo di 100 milioni di euro. Sono i numeri dell’operazione “Martinagala” condotta stamani dalla Dia e dalla Guardia di Finanza di Reggio Calabria (un altro blitz e’ scattato da Firenze) che hanno eseguito il decreto di fermo spiccato dalla Direzione distrettuale antimafia diretta dal procuratore vicario Gaetano Paci. L’indagine, coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo e dagli aggiunti Stefano Musolino e Francesco Tedesco, ha accertato l’esistenza di un sodalizio criminale dedito alla commissione di gravi delitti, con base a Bianco (Reggio Calabria), e proiezioni operative non solo in tutta la provincia reggina, ma anche in altre regioni italiane e persino all’estero. Le accuse a vario titolo sono di associazione mafiosa, riciclaggio, autoriciclaggio, reimpiego di denaro, beni, utilita’ di provenienza illecita, usura, esercizio abusivo dell’attivita’ finanziaria, trasferimento fraudolento di valori, frode fiscale, associazione a delinquere finalizzata all’emissione di false fatturazioni, reati fallimentari ed altro. Gli inquirenti indicano in Antonio Scimone il principale artefice di un meccanismo di false fatturazioni e vero “regista” delle movimentazioni finanziarie dissimulate dietro apparenti attivita’ commerciali; nonche’ altri presunti elementi di vertice in Antonio Barbaro (cosca Barbaro “I Nigri”), Bruno Nirta (cosca Nirta “Scalzone”) ed il figlio di quest’ultimo Giuseppe Nirta.

Il sistema si basava su un gruppo di societa’ “cartiere”, coinvolte in operazioni commerciali inesistenti, che avevano sede in vari paesi europei, tra cui Croazia, Slovenia, Austria e Romania, e dopo un paio d’anni di “attivita’”, venivano trasferite nel Regno Unito e cessate, in modo da evitare successivi accertamenti sulla contabilita’. Le operazioni fittizie servivano a mascherare trasferimenti di denaro da e verso l’estero, funzionali a commettere diversi illeciti, principalmente riciclaggio, e reimpiego dei relativi proventi. Un meccanismo messo a disposizione dei numerosi “clienti”, che in gran parte erano imprenditori espressione diretta o indiretta delle cosche di ‘ndrangheta dei tre mandamenti operanti sul tutto il territorio provinciale di Reggio Calabria. L’indagine ha evidenziato anche la capacita’ di infiltrarsi negli appalti pubblici. In particolare la Dia ha individuato tra gli imprenditori che hanno usufruito del “sistema” messo in piedi: Pietro Canale, (socio di maggioranza ed amministratore della Canale Srl, societa’ molto attiva a Reggio Calabria nel settore della costruzione e gestione di condutture di gas), accusato di riciclaggio, autoriciclaggio e impiego di denaro e beni di provenienza illecita; nonche’ l’imprenditore Antonino Morda’ e un impiegato di banca, cui viene contestato il reato di riciclaggio, il quale si sarebbe dimostrato sempre solerte nel soddisfare le illecite esigenze del Morda’. Il filone di indagine seguito dal Gico della Guardia di Finanza di Reggio Calabria invece ha riguardato le “prestazioni” che l’associazione guidata da Scimone avrebbe fornito alla famiglia Bagala’ di Gioia Tauro e a Giorgio Morabito, collegati alla cosca Piromalli. Tali imprenditori erano stati destinatari di ordinanza di custodia cautelare in carcere nell’ambito dell’operazione “Cumbertazione”, condotta dal Reparto della Guardia di Finanza su delega della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, in quanto, quali imprenditori espressione della ‘ndrangheta, avrebbero agevolato gli interessi di quest’ultima nel settore degli appalti pubblici.

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