Fisco: Cgia, aumenta oppressione su imprese, 1,6 mln di controlli

Roma – Le imprese italiane sono sempre piu’ nel mirino del fisco: nel 2017 sono stati 1 milione e 595 mila i controlli eseguiti dall’Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza. Tra accertamenti analitici o parziali, controlli incrociati o eseguiti per strada, accessi in azienda, verifiche sulla corretta emissione di scontrini e ricevute o comunicazioni spedite via Pec su anomalie riscontrate negli studi di settore, possiamo affermare che, in linea generale, quasi un’azienda italiana su 3 e’ stata oggetto dell’attenzione degli 007 del fisco.
Rispetto al 2016 l’attivita’ ispettiva e di controllo e’ piu’ che raddoppiata, in particolar modo a seguito dell’esplosione dell’attivita’ di ‘compliance’, ovvero delle comunicazioni preventive con le quali l’amministrazione finanziaria ha chiesto agli imprenditori informazioni su presunte incongruenze emerse dall’analisi della propria posizione fiscale. Dati, quelli pubblicati dall’Ufficio studi della Cgia, molto allarmanti che fotografano solo una parte dell’attivita’ ispettiva dello Stato nei confronti del mondo produttivo: infatti, in queste cifre non compaiono i dati relativi all’azione di controllo realizzata dall’Inps, dall’Inail e dalle Asl che con frequenza altrettanto impressionante continua a esercitare un “pressing” del tutto ingiustificato sulle imprese.

“Nonostante gli annunci e le promesse fatte in questi ultimi anni – afferma il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo – l’oppressione fiscale sulle aziende non alleggerisce la presa. Tutto questo e’ il frutto di una cultura ideologica che non siamo ancora riusciti a lasciarci alle spalle. Infatti, una parte della politica e dell’Amministrazione pubblica italiana continua ad avere una visione ottocentesca degli imprenditori. Questi ultimi sono ancora concepiti come i padroni delle ferriere che esercitano la propria attivita’ sfruttando e depredando la gente. Non e’ cosi’, perche’ la quasi totalita’ degli imprenditori italiani sono persone oneste che con il proprio lavoro hanno creato ricchezza, occupazione e benessere e per continuare a farlo chiedono uno Stato amico e piu’ efficiente”.
In altre parole, al netto dell’attivita’ di controllo in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, la Cgia chiede al nuovo Governo un allentamento delle ispezioni e delle visite fiscali, chiedendo di concentrare maggiormente l’attenzione su coloro che sono sconosciuti al fisco, come le attivita’/lavoratori autonomi completamente in nero. Oltre a cio’ va ricordato che il nostro paese si caratterizza per una eccessiva burocrazia che continua ad ostacolare la ripresa economica.
“I tempi e i costi della malaburocrazia – afferma il segretario della Cgia Renato Mason – sono diventati una patologia che caratterizza negativamente il nostro paese. Non e’ un caso che molti operatori stranieri non investano da noi proprio per l’eccessiva ridondanza del nostro sistema burocratico. Incomunicabilita’, mancanza di trasparenza, incertezza giuridica e adempimenti troppo onerosi hanno generato un velo di sfiducia tra imprese e Pubblica amministrazione che dobbiamo rimuovere in tempi ragionevolmente brevi”.

 

E’ evidente che se non si mette definitivamente mano a quel labirinto inestricabile di leggi, decreti e circolari varie che rendono la vita impossibile a milioni di piccoli imprenditori, corriamo il pericolo di soffocare la parte piu’ importante della nostra economia.
In generale, abbiamo sempre piu’ bisogno di una Pubblica amministrazione snella ed efficiente. In questi ultimi anni, invece, il costo della burocrazia che grava sul sistema produttivo delle Pmi ha superato, secondo gli ultimi dati elaborati della Presidenza del Consiglio dei Ministri, i 30 miliardi di euro l’anno: praticamente quasi 2 punti di Pil. Questa situazione ha costretto moltissime aziende a trascurare il proprio business per occupare gran parte del tempo alla compilazione di certificati, moduli e istanze varie: un’anomalia che deve essere assolutamente rimossa se vogliamo dare un futuro a questo Paese. Ovviamente, concludono dalla Cgia, la responsabilita’ di tutto cio’ non puo’ essere ‘imputata’ a chi lavora nel pubblico. Anzi, gli statali spesso sono vittime di questa situazione, visto che moltissimi lavoratori operano con mezzi e risorse del tutto insufficienti.