Processo Perseo: il pentito Muraca si scusa in aula

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di Stefania Cugnetto
– Lamezia Terme – si conclude con un “mea culpa” il controesame del collaboratore di giustizia Umberto Egidio Muraca. Infatti, il pentito prime di abbondare il sito protetto da dove era collegato in video conferenza ha chiesto al Presidnete Carlo Fontanazza, di intervenire per qualche minuto. Tutti immaginavano che Muraca volesse fare altre dichiarazioni spontanee sul processo, ma ha sorpreso un po’ tutti perché prima di congedarsi ha voluto porgere le sue scuse “a tutte le persone a cui ho fatto del male, soprattutto mi scuso con la famiglia di Francesco Torcasio, non hai avuto mai occasione di farlo”. Con queste ultime parole è terminato oggi il controesame di Muraca nel processo “Perseo”, il pentito è stato protagonista delle ultime tre udienze che si sono celebrate al tribunale di Lamezia, rispondendo prima alle domande del pubblico ministero, Elio Romano, che hanno permesso di ricostruire la storia criminale del Muraca, esponente della cosca Torcasio prima e della cosca Giampà poi. Nell’ultima udienza Muraca ha, invece, risposto alle domande degli avvocati della difesa che hanno chiesto di ricostruire le singole posizioni degli imputati al processo. Oggi a porre le domande al collaboratore sono stati gli avvocati Aldo Ferraro, Renzo Andricciola e Di Renzo. L’avvocato Ferraro ha chiesto al Muraca di raccontare il suo avvicinamento al padrino della cosca, Giuseppe Giampà, e i rapporti con lui intrattenuti negli anni “mi sono riavvicinato a Giuseppe Giampà – ha dichiarato il pentito- a fine Aprile del 2011, dopo l’agguato nei miei confronti. Ho compiuto varie rapine per ordine di Giampà, e mi rifornivo da lui per la droga”. A seguire l’avvocato Andricciola che si è concentrato sulle truffe assicurative e sul coinvolgimento del suo assistito Franco trovato “ho consegnato un cid da Franco Trovato per una truffa su una yaris di proprietà di Giuseppe Saladino” ha riferito Muraca, su questa dichiarazione l’avvocato Andricciola ha mosso la sua contestazione “nelle precedenti udienza – ha dichiarato l’avvocato- lei aveva addebitato a Franco Trovato altre truffe” e il pentito ha risposto “è vero, gli altri cid li ho consegnati a Giuseppe Giampà, a Trovato ne consegnai solo uno”. Rispondendo alle domande dell’avvocato, Muraca ha ribadito come il sistema delle truffe potesse essere gestito anche dai singoli componenti “ci sinistri si mangiava tutti, non c’era bisogno del permesso di Giuseppe Giampà”.
L’avvocato Andricciola ha introdotto poi l’argomento dell’estorsione ai danni del proprietario della ditta “Pedrofish”, Michele Curcio, chiedendo al tribunale di citarlo come teste in questo processo.
Tale estorsione, possa in essere dal collaboratore per conto della cosca Torcasio, è stata il fulcro del controesame dell’avvocato Di Renzo, che ha chiesto al Muraca se avessero monitorato Michele Curcio prima di chiedergli l’estorsione “abbiamo valutato due cose – ha spiegato il collaboratore- aveva una bella casa e come famiglia stavano bene, avevano soldi, in più il suocero di Curcio aveva proprietà a Capizzaglie e negozi a Catanzaro. Abbiamo iniziato sparando 5 colpi di pistola al capannone, giusto un primo avvertimento, poi tramite Franco Trovato, Curcio ci ha chiesto un po’ di tempo”. A convincere poco l’avvocato Di Renzo è proprio il coinvolgimento di Franco Trovato.
E proprio prima di chiudere ufficialmente il controesame, Muraca ha chiesto scusa per il male che nella sua vita criminale ha compiuto, soffermandosi sui familiari di Francesco Torcasio, poiché fu proprio il Muraca a consegnarlo a Giuseppe Giampà che ne ordinò la morte.