Perseo: Michienzi, era una vita fatta solo di tradimenti

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di Stefania Cugnetto
Lamezia Terme – “Ho confuso amicizia e ‘ndrangheta, in quella vita non c’era amicizia ma solo tradimenti”, queste le parole del collaboratore di giustizia Francesco Michienzi, oggi nell’aula “Garofalo” del tribunale di Lamezia, che ha risposto alle domande del pubblico ministero Elio Romano. Il collaboratore, classe 1980, ha militato nelle file della cosca Anello-Fruci fin da quando aveva 17 anni, una storia criminale quella di Michienzi che l’ha portato ad avere rapporti anche con le cosche lametine. Una terra di mezzo, quella della cosca Anello-Fruci, che “gestiva” il territorio tra i comuni di Lamezia e Vibo, ed è per “il controllo del territorio” che i clan lametini e quelli di Acconia e Filadelfia si sono incontrati. Michienzi ha descritto la consorteria di cui ha fatto parte, con a capo i fratelli Rocco e Tommaso Anello e i fratelli Giuseppe e Vincenzo Fruci, e le attività illecite a cui si dedicavano. Le dichiarazioni di Michienzi sono servite, tra l’altro, a fare luce sull’omicidio dell’avvocato lametino Torquato Ciriaco, assassinato il primo marzo 2002, su commissione dei fratelli Anello, secondo la ricostruzione degli inquirenti. Oggi in aula, il pentito di Acconia, ha parlato dei rapporti tra la cosca vibonese e le cosche lametine, “i primi anni del 2000 la mia cosca – ha spiegato- era legata alla cosca Torcasio di Capizzaglie”, i rapporti tra i due clan erano , secondo Michienzi, gestiti da Nino Torcasio, “con i Torcasio c’erano rapporti per spaccio di stupefacenti, tramite la famiglia dei Gualtieri”. I rapporti, però, non si limitarono alla cessione di sostanze stupefacenti, ma anche, secondo il pentito, per intimidazioni e furti “gli Anello e i Torcasio si dividevano i proventi dell’estorsioni, e ci chiedevano di compiere alcune intimidazioni nelle zone di Maida o anche a Lamezia”. Ma i “Torcasio”, non furono i soli ad intrattenere rapporti con la cosca Anello-Fruci, Michienzi ha, infatti, parlato anche della cosca Giampà, “Rocco Anello e Giuseppe Fruci incontrarono gli Iannazzo e i Giampà in carcere a Palmi, da lì ci fu un avvicinamento”. Avvicinamento, ha sottolineato il collaboratore, facilitato dall’allontanamento dalla cosca Torcasio, che era stata colpita dagli arresti nell’operazione “Tabula Rasa”. “Ho avuto a che fare – ha affermato Michienzi- con Vincenzo Giampà detto il “camachio”, Enzo Giampà, Giuseppe Giampà, Vincenzo Bonadio e Giuseppe Chirumbolo”, rapporti che andavano dallo spaccio di droga all’intimidazioni.

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Ma nel processo Perseo, il collaboratore Michienzi è stato chiamato a parlare per una posizione in particolare, quella dell’imputato Fausto Gullo, che il pentito ha definito “u bombaloru”. Michienzi ha raccontato che gli affiliati alla sua cosca si fornirono da Fausto Gullo per creare degli ordigni, ed anche per cartucce ed armi. Il collaboratore ha parlato di 4 bombe, utilizzate dai Fruci-Anello per intimidazioni a danni di imprenditori, acquistate proprio dal Gullo, “mi recai – ha detto in aula- io stesso da Fausto, e mi consegnò un secchio di pittura di 25 kg pieno di polvere da sparo e bulloni, lui faceva delle micce lunghe a lenta combustione, era bravo a prepararle”. Il collaboratore ha, inoltre, affermato di aver presentato lui steso il Gullo a Vincenzo Giampà, camacio, e di sapere che anche la cosca Giampà si rifornì da lui “al Camacio servivano delle bombe carte per fare dispetto a chi pagava i Torcasio”. Delle bombe carte, quindi, da utilizzare per intimidire le attività commerciale che pagavano il pizzo alla cosca rivale. Nella prossima udienza, quella del 8 maggio, il collaboratore dovrà rispondere alle domande della difesa, in particolare saranno i difensori dell’imputato che cercheranno di far vacillare le accuse mosse oggi in aula dal Michienzi.