Processo Perseo: al centro dell’udienza la famosa pennetta usb

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-di Stefania Cugnetto
Lamezia Terme – Torna al centro del processo Perseo la famosa pennetta usb, che conteneva atti di indagini e che sarebbe arrivata a soggetti affini alla criminalità e che avrebbe permesso ad alcuni imputati di essere in possesso di informazioni sulla maxi indagine che ha visto coinvolti capi e gregari della cosca Giampà. A rimettere in ballo questa presunta fuga di notizie, è stato l’avvocato Franceco Pagliuso che ancor prima di iniziare il controesame del collaboratore di giustizia, Luca Piraina, ha riferito, in aula, di essere in possesso della suddetta chiavetta e di immagini che dimostrerebbero come gli imputati abbiano potuto avere questi “favori” dalla polizia. Il difensore non ha alcun dubbio, Piraina è tra quelli che ha potuto visionare questi documenti prima di iniziare il suo percorso di collaborazione. Ma bisognerà attendere venerdì prossimo per sapere cosa dichiarerà il giovane pentito, poiché i file, che l’avvocato ha mostrato al tribunale stamattina, devono essere acquisiti. Inoltre secondo il pubblico ministero, questi documenti fanno parte di un altro procedimento ancora in corso di indagine, ed in questo caso sarebbero secretati.

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Venerdì prossimo, dunque, il Piraina, probabilmente visionerà queste immagini, e cercherà di dare risposta alla domanda che oggi tutti nell’aula Garofalo si ponevano “sapeva prima di collaborare?” , o ancora “aveva letto le dichiarazioni di altri pentiti?”. Ma la domanda  che più di tutte cerca risposta è:   la “chiavetta”  in che mani è finita e come?
Il controesame del collaboratore è stato condotto anche dagli altri difensori, tra cui  gli avvocati Di Renzo, Renzo Andricciola e Leopoldo Marchese. Un altro argomento cardine del controesame del collaboratore è stato il rito di battesimo dello stesso, che secondo il suo racconto, sarebbe avvenuto nell’aula bunker del tribunale di Catanzaro, il 13 dicembre 2012, nella prima udienza del processo Medusa. Il collaboratore ha descritto il proprio battesimo, recitando la propria copiata in aula, ricordando anche l’inizio del rito, “rinnego mio padre e mia madre, poi non ricordo – ed ha aggiunto – Domenico Chirico, U Batteru, la recitava con me”. Piraina ha affermato di non essere stato l’unico ad essere battezzato quello stesso giorno, con lui Davide Giampà e Pasquale Catroppa (ora collaboratore). “Avremmo dovuto pungerci il dito con un ago, ma in quell’occasione non fu possibile”. Un rito che attesterebbe che anche se il primo grande processo contro la cosca stesse prendendo avvio, la consorteria mafiosa continuava a reclutare “leve”. Sulle “credenziali” che un affiliato dovrebbe avere per essere battezzato si è soffermato l’avvocato Andricciola. Il difensore, infatti, ha chiesto al collaboratore se facesse uso di sostanze stupefacenti, e il Piraina  ha dato risposta affermativa, spiegando “fumavo marijuana , e qualche volta ho provato la cocaina”, ma a detta del pentito molti degli affiliati battezzati usavano droghe. L’avvocato Andricciola ha anche chiesto della vita privata del collaboratore, lasciando intendere che, secondo le regole di ‘ndrangheta , non possono essere battezzati uomini che vengono traditi dalle proprie compagne e mogli. Piraina  ha cercato  di sfuggire a questo argomento, ma ci è ritornato anche l’avvocato Marchese, che ha  insistito sulle relazioni amorose intrattenute dal pentito. Il difensore Marchese si è anche incentrato sulla gestione delle estorsioni ai giostrai, durante le feste patronali, la gestione di questa estorsione, è stata addebitata dal Piraina ad Antonio Voci. Anche Marchese ha chiuso il proprio controesame mettendo in dubbio la credibilità del collaboratore, lasciandosi trapelare un “dica la verità Pirania, sempre se sa qualcosa”.
Una sessione concitata quella di stamattina, che si è chiusa, lasciando presagire che venerdì prossimo sarà un’udienza ancora più impegnativa, o addirittura si potrebbero aprire nuovi scenari.