Omicidio Spena – Vaccaro: Ammendola non fece parte del commando

Perseo-ammendola08-06
Lamezia Terme – Ci vorranno novanta giorni per conoscere le motivazioni della sentenza emessa questa mattina dal giudice delle indagini dell’udienza preliminare del tribunale di Catanzaro, Giuseppe Perri, al termine del processo,  con il rito abbreviato,  cosiddetto “Perseo” dal nome in codice dell’operazione con la quale nel 2013 furono tratti in arresto ben 65 persone tra capi e gregari della cosiddetta cosca “Giampà”.

Tra i destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere c’era  anche Giuseppe Ammendola che questa mattina è stato assolto da tutte le accuse per non aver commesso il fatto.
E’ stato prosciolto  anche dall’accusa di avere partecipato al duplice omicidio  Spena e Vaccaro, assassinati la sera del 28 ottobre del 2006 in via della Vittoria. Un reato dal quale ora,  a distanza di due anni e mezzo,  grazie alla linea difensiva dei suoi difensori di fiducia avvocati Pino Spinelli e Paolo Mascaro è stato scagionato. Ammendola la sera del duplice omicidio per l’accusa avrebbe prima individuato le vittime e poi accompagnato il sul luogo del delitto il killer. Compito che Ammendola sempre secondo l’accusa avrebbe svolto “in qualità di affiliato
dell’organizzazione di stampo mafioso denominata cosca Giampà” , all’interno della quale poneva “in essere atti intimidatori a scopo di estorsione, taluna truffa assicurativa e soprattutto si è reso disponibile per talune azioni omicidiarie”. Accuse che oggi sono cadute in base alla sentenza di assoluzione emessa dal giudice Perri che avrà attentamente esaminato gli atti prodotti dall’accusa, ma soprattutto alla luce di quanto è emerso durante il processo avendo la difesa fatto rilevare importanti discordanze tra le dichiarazioni dei diversi collaboratori di giustizia, l’approssimazione delle accuse di partecipazione ad associazione mafiose rivolte nei confronti di numerosi imputati, soprattutto, con riguardo al duplice omicidio Spena – Vaccaro, la disgrasia rilevata dalla difesa dell’Ammendola, tra i dati di generica, e le dichiarazioni dei collaboratori, mai univoche e mai concordanti.

Ecco il capo di imputazione: “AMMENDOLA Giuseppe, BONADDIO Vincenzo, GIAMPA Pasquale “millelire”, 47) Delitto p. e p. dagli artt. 81 cpv, 110, 112 nr. 1, 575, 577 n.3, c.p., art. 7 Legge 12.7.1991, n. 203 perché in concorso tra loro e con GIAMPA’ Giuseppe, VASILE Francesco e TORCASIO Angelo, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, ed in numero di persone concorrenti nel reato superiore a cinque, cagionavano la morte di Spena Vincenzo e Vaccaro Domenico, mediante esplosione nei loro confronti di 15 colpi d’arma da fuoco caL 9×19, delitto avente come mandanti GIAMPA’ Giuseppe, BONADDIO Vincenzo e GIAMPA Pasquale “mille lire”, nel quadro di una strategia criminale volta a mantenere il dominio incontrastato del “controllo del territorio”, anche attraverso l’eliminazione fisica di un uomo inserito nell’organico di altro gruppo criminale, vale a dire Spena Vincenzo, ritenuto personaggio pericoloso, in quanto ritenuto da Bonaddio Vincenzo in particolare soggetto avente mire ‘espansionistiche’ a livello estorsivo nel territorio dei Giampà, rimanendo coinvolto nell’azione di sangue anche il Vaccaro Domenico, che era in realtà estraneo alle dinamiche criminali retrostanti all’omicidio; con VASILE Francesco ed AMMENDOLA Giuseppe, in qualità di esecutori materiali del fatto di sangue, il Vasile con il ruolo di killer e l’Ammendola con il ruolo di conducente dell’auto con cui portava il killer sul posto e con cui successivamente all’azione delittuosa, lo recuperava; con TORCASIO Angelo, originariamente incaricato del ruolo di killer, che poi “delegava” al Vasile e che comunque svolgeva parte attiva e preminente nell’organizzazione dell’attività delittuosa, per aver materialmente fornito la tuta, i guanti, il sottocasco e la pistola utilizzati per compiere l’omicidio, già consegnatigli da Giampà Giuseppe;
Fatto aggravato dall’essere stato commesso con premeditazione;
Fatto aggravato altresì dalla circostanza di cui all’art. 7 della L. 203/91 per aver commesso il fatto avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416-bis del codice penale nonché al fine di agevolare l’attività della cosca mafiosa di tipo ‘ndranghetistico denominata Giampà operante sul territorio di Lamezia Terme-Nicastro, in un’ottica di affermazione della supremazia ‘dranghetistica della cosca medesima sul territorio di influenza, in contrasto con gli altri gruppi criminali”.

Sul duplice omicidio Spena – Vaccaro furono fornite diverse versioni dai collaboratori di giustizia.

spena-vaccaro-08-06
Spena, che lavorava nel settore dei videopoker era considerato vicino ad ambienti della cosca Iannazzo, e sarebbe stato eliminato dai Giampà come «atto di cortesia» nei confronti del clan Cerra-Torcasio-Gualtieri, su richiesta di uno dei componenti di quest’ultimo clan, perché lo ritenevano implicato nel «tentato omicidio subito da Antonio Gualtieri il 20 luglio del 2006». Lo stesso anno del duplice omicidio.
Una seconda versione è che Spena sarebbe stato eliminato perché da gestore di una ditta di videopoker faceva concorrenza «ad un altro commerciante del settore amico di Giuseppe Giampà»
La terza versione è legata al sospetto che Spena aveva commesso uno sgarbo nel lontano 2003 nei confronti di Vincenzo Bonaddio. Quest’ultimo, anche sulla base delle dichiarazioni dei pentiti, sarebbe il mandante insieme a Giuseppe Giampà e Pasquale Giampà, mentre gli esecutori furono Francesco Vasile e Giuseppe Ammendola, e Angelo Torcasio avrebbe svolto il ruolo di fiancheggiatore.
Ci sono le dichiarazioni che s’incrociano di Angelo Torcasio, del boss Giuseppe Giampà e del killer Francesco Vasile.
Spena, si legge negli atti dell’operazione “Perseo”, fu ucciso per fare una cortesia a qualcuno che s’era andato a lamentare «con Pasquale Giampà e Vincenzo Bonaddio poiché i Torcasio non si davano da fare nel vendicare il tentato omicidio subito da Antonio Gualtieri il 20 luglio 2006, ritenendo responsabile di questo evento Giovanni Governa, Domenico Torchia e Giuseppe Catanzaro (poi uccisi) i quali, tra l’altro, sempre secondo Vincenzo Spena, 29 anni, ucciso nella sua auto da Francesco Vasile mandato da Giampà (omissis) si erano avvalsi dell’appoggio di (omissis) e Spena Enzo», con l’obiettivo di attrarre alla cosca Giampà «quelli che erano fino a quel momento i loro nemici».

spena-vaccaro-08-06-01
Secondo Angelo Torcasio, l’omicidio di Spena «era stato deciso autonomamente perché, essendo gestore di una ditta di videopoker, faceva concorrenza ad un altro commerciante del settore amico di Giuseppe Giampà, la cui moglie attualmente è in politica». La versione di Torcasio sul duplice omicidio, in maniera un pò diversa da quella in cui era riportata nell’operazione “Medusa”, è presente nell’operazione “Pegaso”, ma che non collima per quanto riguarda il movente.
Infatti, Giuseppe Giampà, figlio del “Professore”, facendo riferimento a questo duplice omicidio nel confermare la prima parte delle dichiarazioni di Torcasio, fornisce una versione diversa sul movente. Spena, secondo quanto raccontò l’ex padrino, «era un loro obiettivo dal 2003 perché doveva essere eliminato in quanto aveva fatto un affronto a suo zio Vincenzo Bonaddio che insieme a Pasquale Giampà “Millelire” decisero di eliminarlo con il suo consenso».
Una versione che contrasta con quella fornita dall’esecutore materiale, cioè dal killer Francesco Vasile, che il 28 novembre del 2012 dichiarò che l’omicidio Spena «fu deciso da Angelo Torcasio, il quale tempo prima mi disse che aveva timore, non ricordo se di entrambi o di uno solo di essi, anche perché li vedeva spesso recarsi al lavaggio di sua proprietà». In quello stesso autolavaggio, raccontò il killer della cosca, fu anche parcheggiato «il Maggiolino ultimo modello di uno dei due, pertanto Angelo mi disse che temeva che questi due o uno di loro, con la scusa di parcheggiare l’auto nel luogo appena indicato, potessero osservare i suoi movimenti per eventuali azioni omicidiarie nei suoi confronti, anche perché, come mi disse Angelo Torcasio o tutti e due, o uno dei due erano appartenenti alla cosca avversa dei Cerra-Torcasio-Gualtieri».