Processo Perseo: nessuna estorsione nei confronti dei giostrai

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-di Claudia Strangis
Lamezia Terme – Nell’imponente quadro  processuale scaturito dall’operazione Perseo, continuano a delinearsi altri particolari e dettagli che contrastano con lo scenario investigativo che ne determinò l’operazione. Infatti,  stanno emergendo scenari diversi,  dalle dichiarazioni che alcuni testimoni,  chiamati dalla pubblica accusa, stanno rendendo  in aula  durante il  processo in corso di svolgimento davanti al Tribunale di Lamezia.
La fase dibattimentale, infatti, prevede l’escussione dei testimoni e quattro sono stati quelli chiamati oggi a deporre nell’aula Garofalo del Tribunale lametino davanti al collegio presieduto dal giudice Carlo Fontanazza.

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Pasquale Cantafio, il primo a salire sul banco dei testimoni, ha confermato di essere stato vittima di estorsioni, palesatesi negli anni attraverso contatti e minacce telefoniche, che non si sarebbero poi tradotti in veri atti estorsivi, cioè con la consegna  di denaro o di altro, come la pubblica accusa nella fase delle indagini ha inteso sottolineare.  Ed in questo contesto   è stata,  infatti,  esamita la posizione di Eric Voci, imputato in questo procedimento, che dall’accusa viene  indicato come uno dei presunti estortori nei confronti del Cantafio. Ma dalla escussione del teste è emerso che il Voci non averbbe mai estorto del denaro al Cantafio.  Cantafio nel corso dell’esame, rispondendo sempre alle domande dell’accusa, ha riferito che Voci avrebbe interloquito con un suo dipendente di origine falernesi come l’imputato,  al quale avrebbe chiesto 50 euro come somma per sponsorizzare un torneo di calcetto.
Soldi che, però, non furono mai dati a Voci, come emerso durante l’esame prima e il controesame dell’avvocato Pagliuso poi.
Cantafio ha poi raccontato di un’altra persona, Pasquale Bentornato, che identificava come “tifoso della Vigor” e che aveva prelevato occhiali per un valore di 900 euro senza pagare. Una questione ancora irrisolta, come spiegato dal teste in aula, nonostante sia stato stabilito il pagamento con un assegno circolare per vie legali.

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A ribaltare le accuse mosse ad alcuni imputati, altri due testimoni chiamati dal pubblico ministero: si tratta di due giostrai, il signor Italo Valleriani e suo nipote, che hanno negato di aver subito pressioni o estorsioni e, anzi, di aver regalato biglietti ad Antonio Voci di loro spontanea volontà. Nel raccontare le modalità di lavoro, Valleriani ha spiegato che, come a Voci, alcuni biglietti venivano regalati anche alle forze dell’ordine, polizia, carabinieri, guardia di finanza, alla questura e al Comune. Una prassi che sembrava consolidata ma che non corrispondeva ad una imposizione o estorsione, secondo Valleriani, quanto piuttosto ad una sua precisa volontà “a far salire chi conoscevo o a regalare biglietti”. Una sorta di “cortesia”, insomma, stabilita dal giostraio e in segno di riconoscenza verso Antonio Voci che, stando al racconto di Valleriani in aula, “ci rendeva un servizio”. I fatti risalgono ai primi anni del 2000, intorno al 2005/2006 quando, durante il periodo delle festività nel mese di giugno, i giostrai erano soliti stabilirsi nel terreno di proprietà di Vincenzo Parrilla in via Pietro Nenni.

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Secondo quanto raccontato in aula da Valleriani prima e da suo nipote poi, Antonio Voci si preoccupava di preparare il terreno, di “pensare alle carte”, di contattare gli ingegneri, del progetto al Comune e di tutto l’iter burocratico. Insomma, una sorta di factotum che “rendeva un servizio” e al quale poi, si pagavano le spese. Dal racconto di entrambi i giostrai è emerso una sorta di “rispetto” per chi si comportava bene con loro, escludendo alcuna forma di estorsione, sia per il terreno che per i biglietti regalati. Punto sul quale sia l’avvocato Pagliuso, che l’avvocato Marchese hanno cercato di marcare nel corso del loro controesame, cercando di far emergere il fatto che solo il 10% dei biglietti veniva regalato e che non c’era mai stata nessuna costrizione o imposizione nel farlo. Sia Valleriani che il nipote hanno confermato di conoscere la famiglia Giampà, e che Giuseppe Giampà fosse “un personaggio”, ma di non aver mai regalato biglietti perché costretti.

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A testimoniare per ultimo, Vincenzo Parrilla, proprietario dei terreni in questione, che ha spiegato di aver avuto contatti solo con un certo Gagliardi e poi con Antonio Voci ma che lui, in qualità di proprietario, non si occupava di nulla. A preoccuparsi di tutto erano loro, e lui concedeva il terreno in comodato d’uso gratuito perché “gli interessava poiché lo mantenevano pulito”. A sorpresa, l’udienza di oggi si è conclusa con le dichiarazioni spontanee di uno degli imputati, Vincenzo Perri, che ha voluto raccontare la sua verità sulla sua vicenda giudiziaria. Conclusa questa udienza, nella prossima, fissata a mercoledì due donne saranno le protagoniste: tornerà sul banco dei testimoni in videoconferenza Rosanna Notarianni, dopo che il perito l’ha dichiarata idonea a testimoniare, e Angela Cosentino, moglie del collaboratore di giustizia Angelo Torcasio.

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