Processo Perseo: difesa, indagini sommarie ed approssimative

perseo-arringa-ferraroLamezia Terme – È durata oltre 2 ore la discussione finale dell’Avvocato Aldo Ferraro, difensore di fiducia di Giuseppe Notarianni e Carmen Bonafè, principali imputati del processo Perseo che, entro la metà di dicembre, dovrebbe essere definito in primo grado. Il legale ha fermamente censurato la sommarietà con cui sono state condotte le indagini patrimoniali nei confronti dei suoi assistiti, cui sono stati contestati i reati di estorsione e di reimpiego di proventi illeciti nella loro attività economica d’impresa. L’Avvocato Ferraro ha innanzitutto illustrato al Tribunale le più recenti sentenze rese dalla Corte di Cassazione in materia di “ragionevole dubbio”, ponendo in evidenza come non si tratti di una formula di stile o di un mero “americanismo”, ma di una fondamentale innovazione del processo penale per cui, da un lato, non basta che l’ipotesi accusatoria sia più probabile di quella alternativa prospettata dalla difesa, neppure quando le probabilità della prima sia molto più numerose della seconda. E, dall’altro, il Giudice dovrà procedere utilizzando il “criterio del dubbio”, e quindi pronunciare sentenza di assoluzione non solo perseo-arringa-ferraro1quando emerga pacificamente l’estraneità dell’imputato alle accuse che gli vengono contestate, ma anche quando l’istruttoria dibattimentale non abbia dimostrato la fondatezza dell’ipotesi accusatoria in materia tale da escludere “ragionevoli dubbi”, ovvero, l’esistenza di una ricostruzione alternativa che abbia ottenuto un sia pur minimo riscontro processuale. Già in tale prospettiva, ha sostenuto l’Avv. Ferraro, il Tribunale è nelle condizioni per assolvere i coniugi Notarianni-Bonafè essendo emerso, nelle 60 udienze istruttorie tenute, che se le indagini fossero state condotte con maggiore “serenità” e rigore, non sarebbe stata neppure esercitata l’azione penale nei confronti dei suoi assistiti, ancora oggi sottoposti a misure cautelari. Quanto al reato di reimpiego, l’Avvocato Ferraro ha prima passato in rassegna le principali sentenze rese dalla Corte di Cassazione per delineare quali siano i presupposti oggettivi e soggettivi necessari ad integrare tale reato, per poi dimostrare, dati alla mano, che nessuno di essi è ravvisabile nei confronti degli imputati. La Corte di Cassazione esige, infatti, che tra la ricezione di denaro di provenienza illecita ed il loro impiego in attività lecite di ripulitura, deve esservi contestualità, requisito perseo-aula-garofalonon riscontrabile nei confronti dei coniugi Notarianni visto che i fondi di ritenuta provenienza illecita sarebbero stati da loro ricevuti nel 2001, e l’investimento immobiliare in Contrada Talarico sarebbe stato realizzato tra la fine del 2004 ed il marzo 2005. Il penalista lametino difensore di Notaranni e Bonafè ha poi dimostrato, analiticamente, la erroneità di quanto affermato dai verbalizzanti nei confronti dei suoi assistiti: non è vero che la società dei coniugi Notarianni sarebbe stata costituita nel maggio 2001 al solo scopo di ripulire quel denaro di provenienza illecita con la costruzione di immobili in Contrada Talarico, visto che la ditta di Bonafè Carmen risultava costituita nel gennaio 2001, ed avrebbe effettuato numerosi altri lavori, una parte dei quali “in nero”, ed altra parte regolarmente dichiarata al fisco tanto che nella dichiarazioni dei redditi risultavano dichiarati oltre 130 mila euro di volume di affari. Altrettanto errata era la conclusione delle fiamme gialle, secondo cui la prova della responsabilità degli imputati starebbe nell’avere movimentato oltre 2 milioni di euro senza alcuna plausibile giustificazione lecita. L’Avvocato Ferraro ha invece dimostrato come la “preconcetta” ipotesi investigativa non abbia tenuto conto che 30 mila euro si riferivano a pensioni erogate alla madre del Notarianni; 60 mila euro erano stati corrisposti da società perseo-arringa-ferraro2finanziarie cui avevano fatto ricorso i coniugi; 986 mila euro provenivano dalla vendita delle villette costruite dal Notarianni in Contrada Talarico; 400 mila euro provenivano dai lavori in nero, tutti dimostrati in dibattimento, eseguiti dagli imputati nel corso degli anni; 300 mila euro erano stati percepiti dal Notarianni a titolo di riparazione per ingiusta detenzione, e, addirittura, oltre 200 mila euro erano stati erroneamente conteggiati dalla Guardia di Finanza in quanto relativi a titoli insoluti, accreditati, poi stornati, poi riaccreditati e poi definitivamente stornati, il cui importo è stato conteggiato 4 volte, mentre al contrario non doveva essere conteggiato per nulla trattandosi di assegni protestati, mai pagati da alcuno. Il penalista, così facendo, ha fornito la dimostrazione della lecita movimentazione di denaro, e, quindi, l’insussistenza della più importante prova a carico. L’assoluzione degli imputati, secondo l’Avvocato Ferraro, dovrebbe comunque conseguire, sempre in punto di diritto, dal possibile concorso degli imputati nel reato presupposto da cui, secondo l’accusa, provenivano i fondi illeciti asseritamente reimpiegati. Il difensore ha infatti posto l’accento sulle sentenze con le quali la Corte di Cassazione ha ritenuto che il soggetto che versi sui propri conti correnti assegni che provengano dal reato di usura, concorrerà in tale reato, e, di conseguenza, non potrà rispondere di illecito reimpiego. A riprova di ciò l’Avvocato  Ferraro è riuscito a perseo-arringa-ferraro3dimostrare che i coniugi Notarianni erano indagati nel processo Medusa proprio per usura ed associazione mafiosa. Reato di usura che, ha affermato il legale, deve ritenersi prescritto in quanto risalirebbe al 2001 quando la pena massima era di 6 anni, sicchè si sarebbe comunque prescritto nel 2008. Mentre per l’associazione mafiosa il difensore ha rilevato che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, proprio nel 2014, hanno escluso che possa rispondere di reimpiego chi sia accusato di appartenere alla associazione mafiosa da cui provengono i soldi reimpiegati. Quanto invece al reato di estorsione contestato al solo Notarianni Giuseppe, l’Avvocato  Ferraro ha posto in evidenza che la prova della responsabilità dell’imputato consisterebbe nel timore che la persona offesa avrebbe avuto ad intraprendere un’azione legale contro il Notarianni per recuperare il suo credito, e ciò in quanto conosceva la fama criminale della famiglia Notarianni. Tale elemento, però, essendo sganciato da un atto o comportamento concreto riconducibile a Notarianni Giuseppe, ed avendo dimensione puramente soggettiva, non è idoneo ad integrare il reato di estorsione sulla base delle numerose sentenze della Cassazione illustrate dall’Avvocato Ferraro, secondo le quali le condizioni percettive o sensoriali non hanno nessuna rilevanza nel processo penale, ponendosi in contrasto con l’oggettività dl diritto, e con il principio di legalità sancito all’art. 1 del codice penale. L’Avvocato Aldo Ferraro interverrà altresì alla prossima udienza del 9 dicembre nell’interesse di Vincenzo Arcieri, per il quale il pubblico ministero ha chiesto la condanna a 16 anni di reclusione per estorsione aggravata dal metodo mafioso.