Lamezia: Tramonte e Cristiano, omicidio di matrice politica?

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Lamezia Terme – Domani ricorre il ventiquattresimo anniversario dalla barbara uccisione di Pasquale Cristiano e Francesco Tramonte. Furono assassinati in un agguato tipicamente mafioso il 24 maggio del 1991, mentre erano a bordo di un  automezzo specializzato nella raccolta dei rifiuti urbani nell’ex comune di Sambiase ed esattamente nel quartiere Miraglia. A distanza di 24 anni non esiste una verità giudiziaria e storica di quel terribile omicidio, non c’è un colpevole, non c’è nemmeno un movente definitivamente accertato, anche se qualche pentito lo ha definito di matrice politica. A svelare quest’aspetto qualche tempo fa fu Massimo Di Stefano, uno dei primi pentiti di ‘ndrangheta lametina, che ad una giornalista raccontò la sua versione su alcuni fatti (ovviamente da dimostrare) assolutamente inediti e legati anche al modo politico-criminale. Tra questi episodi anche il duplice omicidio dei netturbini che è passato nel dimenticatoio, perché probabilmente coinvolgeva alcune fasce politiche. Secondo il “pentito” non è stata fatta giustizia perché quel duplice omicidio sarebbe maturato per questioni connesse all’appalto della gestione della nettezza urbana.
Il mandate di quel crimine, secondo Di Stefano, sarebbe stato un autorevole esponente di una cosca lametina che ai netturbini aveva suggerito di non fare il proprio lavoro, forse per suscitare malcontento sull’attuazione del servizio di raccolta dei rifiuti. Ma al rifiuto dei due operai la potente personalità del clan avrebbe deciso, per dimostrazione, di ucciderli. Di Stefano disse di aver descritto il quadro della vicenda agli inquirenti, fornendo indizi che avrebbero potuto portare all’identificazione dei killer e dei mandanti, ma lo scenario non fu approfondito. Non si è andato a fondo, fu la sua tesi, perché «c’erano politici di mezzo». E rincarò: «Ogni volta che ho aperto bocca per parlare di connessioni tra cosche e politica mi hanno sempre messo a tacere. Io le mie verità le ho sempre raccontate, ma molte cose sono rimaste senza risposta». Di Stefano conosce bene gli ambienti che ha frequentato, e di alcuni fatti ha versioni (ovviamente da dimostrare) assolutamente inedite.
Ma fu solo Di Stefano a parlare del duplice omicidio dei netturbini? No, c’e’ anche un altro personaggio che ha riferito elementi sul duplice omicidio. Negli atti di “Medusa” fu allegata una dettagliata annotazione di servizio redatta il 2 maggio del 2011 da due sottoufficiali dei carabinieri «a riscontro delle dichiarazioni rese da Giovanni Governa nel corso dell’interrogatorio del 7 settembre del 2010, relativamente agli esecutori materiali dell’omicidio dei due netturbini, Francesco Tramonte e Pasquale Cristiano, ed al tentato omicidio di Eugenio Bonaddio e l’ambito nel quale è maturata l’azione criminosa». Nella relazione i due marescialli, nel ricostruire la vicenda legata all’appalto ad una ditta esterna da parte del Comune di Lamezia per la raccolta dei rifiuti, riportano alcuni passi delle dichiarazioni di Governa «che era stato testimone degli accordi relativi all’affidamento del servizio».
Accordi, scrivono i due sottoufficiali nell’annotazione di servizio, che furono raggiunti «in una riunione tenutasi presso l’abitazione di campagna di Governa». Accordi che risalgono a cavallo degli anni 80-90, quando il Comune era governato da una giunta di sinistra.
Governa agli inquirenti avrebbe indicato anche il nome dei partecipanti alla riunione, tra questi Pasquale Giampà detto “tranganiello” (ucciso nel 2001), Francesco Giampà detto il “Professore” e Giovanni Torcasio detto “u mindicu” (assassinato nel 2000). Dall’accordo, secondo quanto ha riferito Governa, fu estromessa un’altra cosca che reagì in maniera sproporzionata e violenta. Agli inquirenti Governa ha riferito anche i presunti mandanti del duplice omicidio. Sulla base di alcune confidenze raccolte nel carcere da un collaboratore per il duplice omicidio dei due netturbini fu arrestato e processato Agostino Isabella che poi fu assolto.