Processo Perseo: al via arringhe difensive

perseo-udienza-25-11-15– di Stefania Cugnetto

Lamezia Terme – Fuga di notizie, collaboratori non attendibili, indagini pressapochiste e lacunose, contraddizioni nelle dichiarazioni, queste le ombre che, secondo alcuni avvocati della difesa, si sono offuscate nel trocone ordinario del processo Perseo.  Aspetti questi che  hanno fatto emergere alcuni difensori degli imputati nelle loro arringhe difensive nell’aula Garofalo del Tribunale di Lamezia. Il maxi processo Perseo contro la cosca lametina Giampà è , dunque, alle battute finali. Dopo la richiesta delle pene avanzate dal pubblico ministero, Elio Romano, (oggi sostituito dal pm Luigi Maffia),  è toccato agli avvocati della difesa esporre le posizioni dei loro assistiti. Tre i difensori che hanno portato all’attenzione del collegio giudicante, presieuduto dal giudice Carlo Fontanazza, le posizioni di alcuni imputati, l’avvocato Renzo Andricciola, l’avvocato Luca Scaramuzzino e l’avvocato Leopoldo Marchese. Seppur i tre avvocati siano scesi, durante la loro discussione, nello specifico della singola posizione dei propri assistiti, hanno comunque evidenziato dei “vizi” generali nello svolgersi delle indagini prima e della fase dibattimentale poi perseo-udienza-25-11-15-1del processo. L’avvocato Andricciola ha definito la vicenda Perseo “non lineare”, mentre l’avvocato Scaramuzzino ha definito questo processo “strano”. I difensori sono stati concordi nel definire le indagini preliminari “imperfette”, “basate solo sulle dichiarazioni dei collaboratori”. Collaboratori che non hanno convinto gli avvocati, “tutti hanno detto il contrario di tutto”, ha affermato l’avvocato Marchese, “molti collaboratori hanno fatto uso di sostanze stupefacenti”, ha sottolineato Andricciola, “Giuseppe Giampà non era boss, era solo un tossico”, ha tuonato Scaramuzzino. Quello che i tre difensori hanno evidenziato è la mancanza di riscontri, “tutto il processo è stato basato solo sulle dichiarazione dei collaboratori senza alcuna prova materiale o riscontro”, ha affermato Andricciola. Ma l’attenzione si è focalizzata sulla “credibilità” dei collaboratori, secondo l’avvocato Scaramuzzino, “solo i primissimi collaboratori possono essere reputati genuini, questo processo è stato viziato da una fuga di notizie”. Di fuga di notizie ha parlato anche l’avvocato Andricciola, “la famosa pennetta che girava ha portato a delle dichiarazioni copia ed incolla”.
andricciolaE partendo da questi presupposti che l’avvocato Andricciola ha chiesto l’assoluzione piena per il suo assistito, Davide Giampà. Giampà, per il quale il pubblico ministero ha chiesto 9 anni e 6 mesidi reclusione, è accusato di estorsione, aggravata dall’associazione mafiosa. Per il difensore, non solo Giampà non ha commesso nessuna estorsione ma non è mai stato organico alla cosca. “Avere delle conoscenza non vuole dire essere parte integrante di una consorteria mafiosa”, ha specificato il legale. Andricciola si è poi soffermato sull’estorsione specifica contestata a Davide Giampà, estorsione ai danni del commerciante Giovanni Carlo Cortese. “Non c’è stata nessuna estorsione, nessuna minaccia, nessuna violenza da parte di Davide Giampà”, l’avvocato ha sottolineato come nel racconto del commerciante lametino non sia emerso nessuna intimidazione o pressione da parte dell’imputato. “Lo sconto applicato a Davide Giampà – ha continuato l’avvocato – è stato del 17%, da 250 a 200 euro , questo non è uno sconto per gli affiliati , il collaboratore Muraca aveva parlato del 50% da applicare agli appartenenti alla cosca”. Il difensore, ripercorrendo il racconto di Cortese in aula, ha sottolineato al tribunale, “il Giampà non ha chiesto nessuno sconto, lo stesso Cortese ha detto di aver capito che fosse il fratello di Saverio Giampà e quindi gli avrebbe applicato lo sconto”. Secondo Andricciola, dunque, il commerciante non sarebbe stato né costretto né minacciato e rivolgendosi al tribunale, ha concluso, “si può condannare a 9 anni un ragazzo di vent’anni solo per una percezione di Cortese?”.
scaramuzzino-luca-251115L’avvocato Luca Scarumuzzino ha discusso , invece, la posizione di Andrea Crapella, accusato di associazione mafiosa e per il quale Elio Romano ha chiesto la pena di 8 anni e 8 mesi di reclusione, al contrario il legale ha chiesto l’assoluzione piena. Crapella è stato definito dal suo avvocato, “un bravo ragazzo che ha sempre lavorato”, secondo Scaramuzzino il Crapella sarebbe stato coinvolto solo per “presunte frequentazioni”. L’avvocato ha fatto notare come i diversi collaboratori abbiamo definito Crapella, “uomo di Enzo Giampà” o “uomo di Giuseppe Giampà”, senza mai specificare il suo ruolo, “è stato indagato in altro procedimento per spaccio ma questo non vuol dire che appartenga ad un’associazione mafiosa”. Proprio sull’appartenenza associativa si è concentrata l’arringa difensiva marchese-leopoldo-251115dell’avvocato Leopoldo Marchese. Marchese, che ha discusso la posizione di Andrea Crapella e di Antonio Voci, ha posto l’accento sull’articolo 7, quello appunto sull’associazione mafiosa. “Crapella e Voci – ha più volte chiesto Marchese al collegio – partecipavano volontariamente ad un’associazione? Contribuivano coscientemente alla vita dell’associazione? C’era la consapevolezza che quell’atto criminoso era compiuto nel nome della cosca?”. Questi i quesiti che l’avvocato ha rivolto al tribunale, “perché – ha specificato – la partecipazione al sodalizio criminale necessita la consapevolezza degli affiliati”. Un’arringa quello di Marchese, volta non all’analisi dei singoli reati dei propri assistiti ma a smontare l’accusa più pesante ed infangante, quella appunto di associazione mafiosa. L’avvocato Marchese terminerà la sua discussione nell’udienza di mercoledì prossimo, mentre tra due giorni toccherà ad altri difensori discutere davanti al tribunale.