Processo Perseo: difesa, “imputati vittime del clan”

udienza-perseo-27-11-15-di Stefania Cugnetto
Lamezia Terme – Vicinanza o appartenenza alla cosca Giampà , questo il tema caldo nell’aula Garofolo del tribunale di Lamezia. Una vicinanza, un’amicizia, l’essere a disposizione della consorteria mafiosa o esserne parte integrante? Questa la linea sottile su cui si sono concentrati nelle loro discussioni finali gli avvocati Giuseppe Di Renzo, Wanda Bitonte e Lucio Canzoniere. Nell’udienza odierna è toccato, per primo, all’avvocato Di Renzo discutere la posizione del suo assistito Franco Trovato. E se il pubblico ministero, Elio Romano, ha chiesto 15 anni di reclusione per l’imputato, definito dagli inquirenti come componente interno alla cosca Giampà, attraverso partecipazione alle attività illecite come truffe, spaccio, detenzioni di armi ed omicidi, l’arringa del difensore di Trovato è andata in direzione opposta. “Franco Trovato è una vittima – ha affermato l’avvocato – succube delle direnzo-avvocatoangherie delle cosche della città”. Per Di Renzo è stato lo stesso ex boss Giuseppe Giampà a chiarire la posizione del proprio assistito, “amico, così lo ha definito Giampà – ha spiegato al collegio giudicante – cioè a disposizione, Trovato non poteva dire di no al Giampà”. “Cosa ha guadagnato Trovato se non la sua sopravvivenza?”, questa la domanda finale del difensore, prima di chiedere l’assoluzione per tutti i capi d’imputazione.
“Vittima” anche, secondo il suo difensore, l’imputato Antonio De Vito. Per l’avvocato Wanda Bitonte, infatti, il De Vito è “vittima della giustizia”, “De Vito è stato condannato in altri procedimenti ma non per questo deve essere coinvolto in tutti i processi di Lamezia”. Il difensore del De Vito ha più volte posto l’accento sulle parole del collaboratore Giuseppe Giampà che ha descritto l’imputato “uomo inaffidabile”, e se “De Vito è definito inaffidabile dal capo clan come fa a esserne parte integrante?”, ha bitonte-avvocatochiesto la Bitonte al Tribunale. L’avvocato ha concentrato la sua arringa sulla “mancanza di prove”, “dobbiamo abbandonare le suggestioni – ha affermato la Bitonte – e concentrarci sugli indizi e sulle prove concrete”. Per Antonio De Vito, per il quale il pubblico ministero ha chiesto 18 anni di reclusione, il difensore ha chiesto l’assoluzione per non aver commesso il fatto, o ha affermato, “la pena minima”.
Sicuro dell’estraneità alla cosca di Giuseppe Grutteria, è l’avvocato canzoniere-avvocatoCanzoniere. Secondo il difensore, infatti, Grutteria non sarebbe mai stato affiliato al sodalizio criminale. L’avvocato non solo ha sottolineato l’assoluta mancanza di prove a carico del suo assistito, ma in particolare la non corrispondenza delle dichiarazioni dei vari collaboratori di giustizia. “Angelo Torcasio afferma – ha spiegato Canzoniere – che Grutteria sarebbe entrato nella cosca nell’estate del 2008 , ma Grutteria era detenuto già dal febbraio 2008”. Per l’avvocato tutte le dichiarazioni dell’ex braccio destro di Giuseppe Giampà sarebbero false, almeno “per quello che riguarda Grutteria”. E nel chiedere l’assoluzione per non aver commesso il fatto, l’avvocato ha affermato, “dopo due anni e mezzo di carcere non si è compreso quale fosse il ruolo di Grutteria, e lo sapete perché? Perché Grutteria con la cosca non c’entra niente”.
Si tornerà in aula mercoledì per proseguire la discussione con le altre arringhe difensive.