Operazione “turpe lucrum”: Caruso condannato per usura

Lamezia Terme – Per l’imprenditore Giuliano Caruso si è chiuso il primo grado di giudizio del processo che lo vedeva imputato per il reato di usura commesso a danno di un imprenditore lametino e per i reati di esercizio abusivo del credito.
Mercoledì scorso, il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Lamezia Terme Valentina Gallo ha emesso il verdetto: ha ritenuto l’imputato colpevole del reato di usura e, applicata la diminuente per la scelta del rito abbreviato, lo ha condannato alla pena di anni 3 di reclusione ed al pagamento di una multa di 8.000,00 euro, oltre al pagamento delle spese processuali ed ha disposto la confisca dei beni il cui valore ammonta ad oltre 10.000.000 di euro. Lo ha invece assolto per i reati di esercizio abusivo del credito.
L’accusa in aula è stata sostenuta dal pubblico ministero Emanuela Costa, la quale aveva chiesto la condanna alla pena di anni 4 e mesi 8 di reclusione nonché la multa di 16.000,00, euro mentre la difesa, sostenuta dagli avvocati Francesco Gambardella e Antonio Larussa, aveva chiesto l’assoluzione del Caruso perché il fatto non sussiste.
Il processo nei confronti dell’imprenditore Caruso è giunto al termine dopo complesse ed articolate indagini portate a termine dalla Guardia di Finanza di Lamezia Terme alla guida del Tenente Colonnello Fabio Bianco, sotto la direzione della Procura della Repubblica diretta dal capo della procura Salvatore Curcio, nel corso delle quali, oltre ad acquisire tutti gli elementi di prova per dimostrare l’attività usuraria svolta dall’imputato, gli investigatori erano giunti altresì al sequestro di quei beni oggi confiscati, ad egli intestati o comunque ad esso riconducibili, per un valore complessivo di 12 milioni di euro.
Secondo gli investigatori del Nucleo Mobile della Finanza, al comando del Brigadiere Vito Margiotta, i beni individuati in capo al Caruso, sarebbero stati realizzati con proventi dell’illecita attività di usura per la quale l’imprenditore è stato condannato, in quanto il loro valore è risultato del tutto sproporzionato rispetto ai redditi derivanti dalle attività lavorative, dichiarate nel corso del tempo dall’imprenditore. Si tratta, in particolare, di:
tre lussuose ville ubicate in Lamezia terme e dintorni;
un complesso alberghiero;
due gioiellerie;
un ristorante;
sette ulteriori notevoli fabbricati (fra appartamenti e magazzini);
tredici grossi appezzamenti di terreno, quasi tutti edificabili;
una ditta individuale operante nell’edilizia e pertinenti beni;
sei aziende, con tutto il loro patrimonio, di altrettante società operanti, fra l’altro, nel settore immobiliare, dell’edilizia, del commercio di preziosi;
disponibilità finanziarie.
I predetti beni furono cautelati con un provvedimento del G.I.P. del Tribunale di Lamezia Terme, dott. Carlo Fontanazza, su conforme richiesta del sost. Proc. dott. Santo Melidona (che all’epoca dei fatti aveva diretto le indagini) formulata sulla base degli accertamenti ed indagini esperite dalla Guardia di Finanza.
Il processo, tuttavia, non riguardava soltanto la posizione di Giuliano Caruso, per il quale si è definito perchè ha chiesto di essere giudicato con rito abbreviato. Nel corso delle indagini, infatti, i finanzieri hanno denunciato per il reato di usura anche Antonio Arcieri (capo storico dell’omonima cosca di ‘ndrangheta operante nella zona montana di Lamezia Terme) e di Ferdinando Greco, nipote del defunto capo della cosca Pagliuso di Sambiase i quali sono stati rinviati a giudizio dallo stesso GIP.
Inoltre, sono stati rinviati a giudizio anche tre imprenditori Maurizio Costanzo, Francesco Sirianni i quali sono imputati del reato di favoreggiamento ) in quanto, secondo gli inquirenti, chiamati a rispondere su una serie di rapporti finanziari intercorsi con Giuliano Caruso, avrebbero taciuto fatti di cui erano a conoscenza, L’altro imprenditore rinviato a giudizio è Giovanni Stella che deve rispondere di false dichiarazioni rese al P.M., in quanto, richiesto dal P.M. di fornire informazioni in merito ai rapporti intrattenuti con Caruso Giuliano, rendeva dichiarazioni mendaci ed affermava falsamente di non aver mai ricevuto prestiti da quest’ultimo.
Giovanni Stella e Maurizio Costanzo, quindi, paradossalmente si trovano ad essere nell’ambito dello stesso processo, persone offese del reato di usura – rispettivamente subita da Antonio Arcieri e Giuliano Caruso – e imputati per favoreggiamento personale.
Per Giuliano Caruso, inoltre, pende anche un altro procedimento penale per usura, in concorso con il commercialista Gianfranco Muraca, fatti per i quali dovrà rispondere alla stessa magistratura lametina.

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