Licenziamento disciplinare: quando è inutile cavillare sui termini

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Roma – Siamo a Palermo e presso il Comune viene licenziato un dipendente comunale che tenta invano, fino ad invocare la Corte di Cassazione, di mantenere il proprio posto di lavoro pubblico.
Sia il Tribunale in primo grado che la Corte di appello rigettavano la domanda diretta a far dichiarere illegittimo il licenziamento disciplinare respingendo la tesi dell’ormai ex dipendente, secondo cui il termine di cinque giorni, previsto dall’art.55 bis, comma 3, d. lgs. 30 marzo 2001 n.165, introdotto dall’art.69 d. lgs. 27 ottobre 2009 n.150, e imposto al responsabile della struttura per la trasmissione degli atti all’ufficio disciplinare, avesse natura decadenziale.
La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza sentenza pubblicata il 26.8.2015 n. 17153 ha respinto il ricorso affermando che per gli illeciti disciplinari di maggiore gravità, imputabili al pubblico impiegato, come quelli che comportano il licenziamento, l’art.55 bis contiene due previsioni:
– con la prima (comma 3) è imposto al dirigente della struttura amministrativa in cui presta servizio l’impiegato la trasmissione degli atti all’ufficio disciplinare “entro cinque giorni dalla notizia del fatto”;
– con la seconda (comma 4) si prescrive all’ufficio disciplinare la contestazione dell’addebito al dipendente “con l’applicazione di un termine” pari al doppio di quello stabilito nel comma 2 (ossia quaranta giorni).
Lo stesso comma 4 dice che la violazione dei termini “di cui al presente comma” comporta per l’amministrazione la decadenza dal potere disciplinare.
E’ evidente perciò – chiarisce la Corte – che la decadenza sanziona soltanto l’inosservanza del termine oggetto della seconda previsione ovvero la decadenza è prevista soltanto per la contestazione dell’addebito al dipendente da parte dell’ufficio disciplinare ed in relazione al termine di quaranta giorni decorrente dalla ricezione degli atti.
Il termine posto dall’art.55 bis, aggiunge la Corte, non è vanificato, né viene irragionevolmente sacrificato l’interesse dell’impiegato alla sollecita definizione del procedimento disciplinare. Il termine di cinque giorni ha scopo sollecitatorio onde la sanzione disciplinare è illegittima se la trasmissione degli atti al dirigente venga ritardata in misura tale da rendere troppo difficile l’esercizio del diritto di difesa spettante all’incolpato ossia da rendere tardiva la contestazione dell’illecito.
Da ultimo la Suprema Corte ha affrontato la problematica riguardante eventuali previsioni di decadenza contenute nel regolamento comunale rilevando come quest’ultimo non può derogare alla previsione imperativa del decreto legislativo.
La problematica si è posta in quanto il regolamento per gli uffici e servizi del Comune di Palermo prevede un termine di decadenza per la trasmissione degli atti al dirigente dell’ufficio disciplina, ma il comma 5 dell’art.55 bis dice: “E’ esclusa l’applicazione di termini diversi o ulteriori rispetto a quelli stabiliti nel presente articolo” con la conseguenza che è inapplicabile la decadenza prevista dal regolamento comunale.
Enrico Michetti