Carlopoli: Abbazia Corazzo simbolo della rinascita

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Carlopoli(Catanzaro) – Quando, intorno all’anno mille d.c., un gruppo di monaci benedettini, con l’aiuto della poverissima popolazione locale costruì l’Abbazia di Santa Maria di Corazzo, nel territorio del Comune di Carlopoli (CZ), aveva chiaro in mente quale fosse lo scopo di erigere questa meraviglia: la rinascita. Dopo mille anni la storia si ripete. La maestosa struttura è di nuovo il fulcro della vita in questi luoghi. E’ il simbolo della rigenerazione, è forza del rinnovamento. Corazzo negli ultimi secoli è stata testimone di guerre, violenze e cataclismi, ma seppure deturpata e sventrata dall’uomo e dalla natura è ancora lì, spazio libero, senza barriere, che trasmette certezze, protezione, tranquillità. La stessa tranquillità che gli uomini e le donne del Progetto Gedeone hanno avuto nel trasformare questo luogo, in un laboratorio dove si sperimenta la vita in tutte le sue sfaccettature. A Corazzo si sperimenta l’inclusione sociale: c’è chi lavora duramente per rendere fruibile questo sito, chi coltiva ripercorrendo arcaici metodi agricoli che producono frutti inusitati per la nostra era, chi racconta una cultura millenaria. Protagonisti oggi sono soprattutto i pazienti, gli infermieri, i medici del centro di salute mentale del Reventino, simbolo forte di rinserimento, forse unico nel suo genere, almeno in Calabria.

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Tutto all’insegna della condivisione, che a Corazzo porta sempre tanta gente, giovani studenti che respirano storia e aria buona, fotografi e videomaker che immortalano i muri che cingono questa straordinaria bellezza, o scrittori e poeti che liberano parole che accarezzano, proprio come la leggera brezza di un caldo pomeriggio d’estate.
L’innovazione corre sui binari social, in questo lembo di terra non troppo avvezzo a questo nuovo tipo di comunicazione. Innovare è anche ripensare e in questo laboratorio si è anche ripensato nel comunicare che Corazzo c’è, si rigenera, vive. Il 1° maggio Invasioni Digitali ha fatto tappa tra queste antiche mura, in una splendida giornata, con tantissima gente venuta anche da molto lontano. E la storia, l’arte, la bellezza si sono fuse con la quotidianetà di queste persone che lottano contro il più oscuro dei mali, quello della mente, quello che ti emargina in una tetra cloaca da cui difficilmente si esce. Stavolta Invasioni Digitali è andata oltre, non è stata la sola straordinaria condivisione di immagini, aCorazzo, come moderni monaci benedettini, “amanuensi digitali”, gli invasori hanno lasciato in eredità il racconto di questo luogo e della sua rinascita, un teatro sperimentale su un palcoscenico millenario. Le loro penne e calamai (smartphone e tablet) ha irradiato la luce della conoscenza, foriera di una rigenerazione sociale difficile da ricostruire. Solitamente non mi banalizzo nei ringraziamenti, ma stavolta e con il cuore lo faccio per chi ha veramente creduto in tutto questo: Latitudine Sud, IgersCalabria, Progetto Gedeone e soprattutto gli INVASORI.

Antonio Mangiafave