Cosenza – “A Cosenza 490 rom rumeni, di cui un consistente numero di minori, rischiano di essere sgomberati dall’insediamento informale di Vaglio Lise, lungo il fiume Crati, e da un Ferrhotel situato nelle vicinanze e di essere ricollocati all’interno di una tendopoli che il primo cittadino Mario Occhiuto sta gia’ provvedendo a costruire. Se questa operazione dovesse essere portata a compimento, il Comune di Cosenza si renderebbe autore di una grave discriminazione collettiva nei confronti della comunita’ rom, violando peraltro le garanzie procedurali previste dal diritto internazionale in materia di sgomberi”. Lo scrive, in una lettera al prefetto della citta’ Gianfranco Tomao, un gruppo di organizzazioni ed espressioni della societa’ civile composta da Associazione 21 luglio, MO.C.I. (Movimento per la Cooperazione Internazionale), Amnesty International-Circoscrizione Calabria, AUSER Territoriale di Cosenza, Ambulatorio Medico Senza confini “A. Grandinetti” e Suore Ausiliatrici Cosenza. “Dalla documentazione amministrativa del Comune di Cosenza, – si legge – nonche’ dai riscontri mediatici, dalle comunicazioni rilasciate dal Sindaco Mario Occhiuto attraverso i social network e dai sopralluoghi e colloqui effettuati – scrivono le associazioni al prefetto – si e’ appreso dell’intenzione di procedere allo sgombero della comunita’ rom rumena residente a Cosenza presso l’insediamento spontaneo lungo il fiume Crati (circa 400 persone) e presso la struttura Ferrhotel (circa 90 persone), con l’intenzione di rialloggiare 200 persone all’interno di una tendopoli, i cui lavori di allestimento risultano riavviati a partire dal 1* giugno 2015”.
L’intera operazione e la soluzione abitativa alternativa suscitano profonda preoccupazione nelle organizzazioni che, in particolare, mettono in evidenza “la mancanza di una consultazione genuina con la comunita’ rom antecedente allo sgombero, l’assenza di chiarezza sul destino delle persone oggetto del provvedimento di sgombero, l’inadeguatezza della tendopoli a ospitare nuclei familiari con minori al seguito e l’assenza di comunicazione sul suo effettivo carattere di temporaneita’. In assenza di tale temporaneita’ – si legge nella lettera – l’insediamento si connoterebbe a tutti gli effetti come segregante su base etnica e ci si ritroverebbe dinanzi all’allestimento dell’ennesimo “campo rom” in Italia, una soluzione che palesa una discriminazione collettiva verso la comunita’ rom come peraltro gia’ rilevato dal Tribunale Civile di Roma il 30 maggio scorso con la condanna nei confronti del Comune capitolino per il carattere discriminatorio del “campo” La Barbuta. In piu’, lo sgombero dell’insediamento di Vaglio Lise e del Ferrhotel si configurerebbe come forzato in quanto la sua realizzazione non prevede il rispetto delle garanzie procedurali in materia di sgomberi sancite dal diritto internazionale”.