Corruzione: ‘Podere mafioso’, 500 falsi braccianti e 17 arresti

podere-mafiosoCatania  – E’ stata battezzata “Podere mafioso” l’operazione dei finanzieri del Comando provinciale di Catania che, su delega della Procura distrettuale etnea, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 17 persone accusate, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato per il conseguimento di indennita’ di disoccupazione agricola e corruzione, alcuni fatti aggravati dal metodo mafioso. Almeno 500 i falsi bracciati agricoli. I dettagli forniti nella conferenza stampa alle 11.30 presso la Procura di Catania alla presenza del procuratore Carmelo Zuccaro.
Soggetto chiave della mega truffa e’ ritenuto Filippo Bucolo (posto ai domiciliari), dipendente dell’agenzia Inps di Giarre, che, svolgendo le sue mansioni allo sportello, comunicava a uno degli organizzatori – Leonardo Patane’ – l’esatto ammontare delle liquidazioni e seguiva da vicino ogni pratica amministrativa che potesse agevolare l’associazione criminale. Un dipendente infedele, dunque, a servizio dell’organizzazione. Sottolineata la piena collaborazione dell’ente previdenziale. Il gruppo si avvaleva del contributo di ragionieri, periti commerciali e di “reclutatori” di braccianti agricoli.
podere-mafioso1Nelle indagini, iniziate alle fine del 2014, sono peraltro finiti anche piu’ di 20 indagati e almeno una decina di aziende fantasma, create unicamente allo scopo di appropriarsi illecitamente di contributi pubblici per quasi un milione e mezzo di euro. Il collaudato meccanismo criminale smascherato dai finanzieri vedeva quali organizzatori Patane’ (detto “Nardo Caramma”, attualmente detenuto ad Augusta per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e arrestato, nel febbraio 2016, per la sua partecipazione al clan Laudani), Giovanni Muscolino e Antonio Magro, rispettivamente a capo dei Gruppi di Giarre e Paterno’ del clan Laudani (entrambi gia’ imputati per associazione a delinquere di stampo mafioso e reclusi nel carcere Bicocca di Catania). I tre, destinatari della misura di custodia cautelare in carcere, avevano realizzato a fittizie aziende agricole intestate a persone incensurate per il tempo strettamente necessario a maturare i presupposti per la concessione dell’indennita’ di disoccupazione agricola. Un vorticoso proliferare di aziende “fantasma” prive di ogni consistenza patrimoniale, improduttive e senza lavoratori. Indispensabile il contributo dei familiari piu’ stretti di Patane’ (la moglie Daniela Wissel, i figli Orazio e Ramona) e di un ragioniere (Alfio Lisi), tutti sottoposti agli arresti domiciliari.
Il professionista era incaricato di formalizzare la costituzione delle aziende agricole, di iscrivere i falsi lavoratori e di chiudere il cerchio con la predisposizione delle buste paga. Il ragioniere era compensato dall’organizzazione attraverso il versamento di contanti (fino a 800 euro a settimana) e la messa a disposizione di un’auto. Ulteriori figure essenziali erano i cosiddetti “reclutatori” di braccianti agricoli (Michele Cirami, Vincenzo Cucchiara, Agatino Guarrera, Francesco Gallipoli, Fabrizio podere-mafioso2Giallongo, Ettore Riccobono, Claudio Speranza, Vincenzo Vinciullo), nonche’ del “coordinatore” (Carmelo Tancredi), tutti posti agli arresti domiciliari. Si occupavano di reclutare i falsi braccianti agricoli e di recuperare dagli stessi, anche con la violenza, la parte dell’indennita’ percepita che spettava all’organizzazione e che ammontava almeno alla meta’ della somma riscossa. I reclutatori erano a loro volta braccianti e vedevano ricompensata la loro “funzione” anche con la percezione dell’indebita indennita’. L’ammontare oscillava da un minimo di 3.000 euro a un massimo di 7.000 euro annui. E’ indubbio, dunque, per gli investigatori “l’interesse della mafia anche in settori quali quello della percezione dei contributi in agricoltura, un settore in cui le organizzazioni riescono a conseguire facili utili con rischi minimali”. Le attivita’ tecniche eseguite dalla Guardia di finanza hanno incidentalmente consentito anche di acquisire gli elementi necessari per individuare il responsabile del tentato omicidio di Francesco Pistone (anch’egli gia’ detenuto per la sua appartenenza al clan Laudani) avvenuto il 15 gennaio 2015 a San Giovanni La Punta.