‘Ndrangheta: Gratteri, duplice omicidio non poteva rimane impunito

Catanzaro  – “Un omicidio che non poteva restare impunito, come tanti altri, seppur datati nel tempo, che non possono restare impuniti perche’ si riverberano ancora oggi dando prestigio e fiato alle organizzazioni criminali”. Lo ha detto il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, in riferimento all’operazione della Dia che stamani ha portato all’arresto dei presunti mandanti ed esecutori del duplice omicidio di Benito Chiodo e di Francesco Tucci e del ferimento di Mario Trinni, avvenuti a Cosenza il 9 novembre 2000. Gratteri ha poi aggiunto: “Sul duplice omicidio Chiodo-Tucci di Cosenza c’erano le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia ma i riscontri alle sue dichiarazioni non erano stati trovati per tanti motivi, magari non si era stati fortunati o non si era particolarmente accaniti, ma – ha spiegato il procuratore capo della Dda di Catanzaro – io sono ostinato e quindi i miei collaboratori danno sempre qualcosa in piu’, e il risultato di oggi, ottenuto con un pregevole lavoro del collega Falvo e della Dia di Catanzaro”.

All’incontro con i giornalisti e’ intervenuto il capo della Direzione investigativa antimafia di Catanzaro, Antonio Turi, che ha eseguito le ordinanze di custodia cautelare. Turi ha ricostruito la dinamiche dell’agguato del 9 novembre 2000 e il contesto ‘ndranghetistico nel quale e’ maturato: “La Cosenza di quegli anni vedeva protagonista la confederazione dei clan Rua’-Lanzino e Perna-Cicero, clan autonomi che si erano alleati per spartirsi la droga e gli appalti dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria. A questa confederazione si salda il clan degli zingari, ai quali sono concesse furti e rapine. L’accordo regge fino a quando Benito Chiodo, reggente dei Lanzino-Cicero, non lo rispetta anche per altre vicende personali, perche’ uno degli odierni arrestati aveva avviato una relazione con la moglie del fratello di Chiodo”.
Turi ha evidenziato il ruolo dei collaboratori di giustizia nell’inchiesta: “Importante – ha rimarcato – e’ soprattutto Francesco Bevilacqua, all’epoca dei fatti capo degli “zingari”, gia’ condannato in via definitiva per aver partecipato il duplice omicidio. Bevilacqua ha fornito alcuni spunti soprattutto sull’esecuzione mortale di Chiodo e Tucci, fatta nel cuore di Cosenza, nella centrale via Popilia, e fatta sparando all’impazzata con armi da guerra nell’intento di evitare che persone potessero affacciarsi e vedere chi fossero i killer. Successive dichiarazioni di altri pentiti – ha concluso il comandante della Dia – hanno permesso di acquisire ulteriori elementi di prova”.