Roma – Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza n. 1747/2015 hanno affermato che il procedimento giurisdizionale volto alla dichiarazione di incandidabilità è autonomo rispetto a quello penale e sono anche diversi i presupposti.
La misura interdittiva stabilita all’art. 143, comma 11, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali non richiede che la condotta dell’amministratore integri gli estremi dell’illecito penale di (partecipazione ad associazione mafiosa o) di concorso esterno nella stessa: perché scatti l’incandidabilità alle elezioni, rileva la responsabilità dell’amministratore nel grave stato di degrado amministrativo causa di scioglimento del consiglio comunale, e quindi è sufficiente che sussista, per colpa dello stesso amministratore, una situazione di cattiva gestione della cosa pubblica, aperta alle ingerenze esterne e asservita alle pressioni inquinanti delle associazioni criminali operanti sul territorio.
Ed è quello che, appunto, veniva accertato nella vicenda giunta innanzi alla Suprema Corte di mancato esercizio, da parte del sindaco, del potere-dovere di indirizzo e controllo sull’operato degli amministratori della “Civitas”, omissioni concretizzatesi in un atteggiamento di indubbia accettazione del particolare ed anomalo trattamento di favore riservato ad una cooperativa dietro la quale si celavano soggetti appartenenti all’associazione di stampo ndranghetistico.
Enrico Michetti