‘Ndrangheta: 25 anni d’inferno per un imprenditore, 8 arresti

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Catanzaro – Quasi 25 anni passati nell’asfissiante morsa della ‘ndrangheta. L’incubo in cui e’ stato costretto a vivere dal 1989 un imprenditore della provincia di Catanzaro e’ terminato all’alba di oggi con l’operazione “Scheria” condotta dalla Squadra Mobile e dalla Guardia di finanza e coordinata dalla Dda di Catanzaro. In manette sono finite otto persone ritenute affiliate alle cosche Gallelli e Procopio-Mongiardo attive nel versante ionico del Catanzarese: Vincenzo Gallelli, 72 anni; Andrea Santillo (55), Gerardo Procopio (55), Michele Lentini, Maurizio Gallelli (41) Mario Mongiardo (47) Fiorito Procopio (62) ed Andrea Cosentino (70). Il gip di Catanzaro non ha invece accolto la richiesta di arresto per un giovane di 28 anni.

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Nell’ambito dell’operazione e’ stato effettuato anche un sequestro preventivo d’urgenza di beni per un valore di un milione e mezzo di euro. I particolari dell’indagine sono stati riferiti nel corso di una conferenza stampa cui hanno partecipato i procuratori aggiunti Giovanni Bombardieri e Vincenzo Luberto, il questore Giuseppe Racca, il capo della Mobile Nino De Santis, il vice Angelo Paduano e i colonnelli della Finanza Mario Palumbo e Michele Di Nunno. L’inchiesta, condotta dal pm Vincenzo Capomolla, ha fatto luce sull’inferno vissuto da “un imprenditore settantenne che, per lungo tempo soggiogato dal clima omertoso determinante dall’asfissiante presenza di entita’ criminali organizzate nel proprio territorio di origine, aveva tentato – scrive il gip Sergio Natale nell’ordinanza – di convivere con queste ultime, ricercando la protezione, lautamente remunerata, di chi si era mostrato in grado di volta in volta di garantirgli la possibilita’ di lavorare con tranquillita’”. Undici gli episodi di intimidazione, violenza e minaccia subiti dall’imprenditore, attivo nel settore turistico ed edile, e ricostruiti dagli inquirenti.

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A partire dall’aprile 1989 con il danneggiamento di tre mezzi, e poi una lunga serie di furti, incendi, spari e persino il furto del pastore tedesco del figlio. Solo pochi mesi fa l’imprenditore ha trovato il coraggio di denunciare i suoi aguzzini, un percorso difficile di collaborazione con la giustizia iniziato nell’ottobre del 2014 anche grazie all’aiuto dell’associazione antiracket “Libera”. Il racconto della vittima parte dal 1997 quando il villaggio turistico “Nausicaa”, di sua proprieta’, a Santa Andrea sullo Jonio venne devastato nottetempo, con danni per 200 milioni di lire. In quell’occasione all’imprenditore sarebbe stato presentato Vincenzo Gallelli detto “Macineju”. In cambio della “protezione” il boss di Badolato pretese un pizzo di 15 milioni di lire all’anno. Soldi che la vittima, secondo quanto ha svelato agli inquirenti, ha versato ogni anno dal 1997 al 2003 nel periodo natalizio. Il denaro, ha raccontato, veniva consegnato nascosto nella scatola di un panettone o in una cassetta di vino. I pagamenti per la “tutela” sarebbero proseguiti fino al 2011 attraverso alcuni emissari della cosca. Ma le pretese del clan si sarebbero con il tempo estese anche alle altre attivita’ imprenditoriali della vittima. L’uomo ha dichiarato di aver dovuto pagare 60 milioni di lire per poter effettuare i lavori per la piscina comunale di Isca sullo Jonio. E ancora aveva dovuto versare migliaia di euro per garantire la sicurezza dei cantieri per la realizzazione di un sottopasso ferroviario a Sant’Andrea, per l’ampliamento dei cimiteri di Satriano e Sant’Andrea. Una pressione costante che aveva spinto l’imprenditore a rinunciare ad alcuni appalti. L’importanza dell’operazione di oggi, e’ stato spiegato durante la conferenza stampa, e’ la conferma che se le vittime denunciano la risposta dello Stato non si fa aspettare.