Terrorismo: Corbelli, ingiusto carcere senza prove certe

Corbelli-Franco26-05Cosenza – “Non credo che il giovane marocchino, Mehdi Hemil, residente a Luzzi da 13 anni, arrestato e in carcere a Cosenza da oltre dieci giorni, fosse un aspirante terrorista. Sono anzi sempre di piu’ convinto che questo ragazzo sia solo vittima di una legge liberticida che in nome della lotta al terrorismo si e’ inventato il “reato presunto”. La lotta al terrorismo deve essere rigorosa e senza tregua, ma senza calpestare i diritti fondamentali delle persone, anche naturalmente quelli degli immigrati! Per questo, con il rispetto che si deve sempre all’operato dei magistrati e degli investigatori, chiedo che questo giovane marocchino venga scarcerato”. E’ quanto afferma, in una nota, il leader del Movimento Diritti Civili, Franco Corbelli, da oltre 30 anni impegnato ad aiutare gli immigrati. “Se questo ragazzo e’ stato arrestato, dopo le segnalazioni alla magistratura italiana delle autorita’ della Turchia, in applicazione di una legge che giudico purtroppo liberticida, sulla base solo delle sue possibili intenzioni (perche’ sul suo computer sono stati trovati video con scene cruente dell’Isis, che il giovane, come ha dichiarato, avrebbe guardato per curiosita’), senza alcun elemento probatorio certo che attesti inequivocabilmente che volesse diventare un terrorista o che stesse preparando un attentato, va subito scarcerato. Non e’ giusto – aggiunge – continuare a tenerlo in carcere. Intervengo oggi per questo giovane marocchino, in coerenza con la mia ultratrentennale storia garantista e le innumerevoli battaglie a difesa dei diritti degli immigrati, iniziate nei lontani anni 80, prosegue Corbelli. Un fatto e’ certo. A Luzzi la comunita’ marocchina vive in onesta’ e, purtroppo, poverta’. Ricordo a questo proposito la tragedia di un altro commerciante ambulante marocchino morto, nel maggio del 2004, in un incidente stradale a Luzzi e il cui corpo rimase per 10 giorni nell’obitorio dell’ospedale dell’Annunziata perche’ la famiglia non aveva i soldi necessari per far rimpatriare la salma, per darle una degna sepoltura nel suo Paese. Il figlio di questo poveruomo mi chiese di aiutarlo. Io e Padre Fedele riuscimmo, con soldi anche nostri, a recuperare la somma necessaria per pagare le spese di trasporto della bara sino in Marocco. Ho voluto ricordare, in questa occasione, questo triste episodio per dire che i marocchini che vivono a Luzzi sono persone oneste e povere che mai si sognerebbero di far del male a qualcuno. Non sono aspiranti kamikaze e terroristi. Per questo – conclude Corbelli – chiedo di credere a quel ragazzo, che continua dal carcere a gridare la sua innocenza, e di scarcerarlo”.