Roma – App e startup ci stanno cambiando la vita in meglio ma tra gli italiani cresce la paura per i pericoli della rete. Dopo gli attentati terroristici, il 73% degli italiani e’ convinto che la privacy di chiunque possa essere violata dalle autorita’ se c’e’ in gioco l’interesse nazionale, e il 64% ammette che preferisce essere controllato pur di sentirsi al sicuro. Lo si afferma nel 13esimo Rapporto Censis-Ucsi sulla comunicazione “I media tra elite e popolo”.
Il rapporto evidenzia che il 40,6% degli internauti italiani controlla i movimenti del conto corrente bancario via internet, praticando personalmente l’home banking (il 3,8% in piu’ rispetto all’anno scorso), il 36% si dedica in prima persona all’e-commerce (+5,3%), il 14,9% sbriga online le pratiche burocratiche con gli uffici pubblici (+2,5%), il 14,8% organizza i viaggi sul web (+5,5%), l’8,3% prenota le visite mediche via internet (+3,2%).
E grazie alle app installate sugli smartphone si stanno diffondendo molteplici pratiche nuove soprattutto tra i giovani di 14-29 anni: prenotare bed & breakfast e case vacanze (lo fa l’11,2%), vendere o scambiare qualcosa (8,3%), tenersi in forma usando il telefonino come una sorta di personal trainer (4,7%), ordinare un pasto a domicilio (4,6%), fare incontri (il dating online coinvolge il 3% degli under 30), utilizzare le diverse forme di sharing mobility (2,7%) e crowdfunding (1%). Si creano o si distruggono posti di lavoro? Questi grandi cambiamenti fanno bene o male al mercato del lavoro? Su questo punto gli italiani si dividono: per il 33% le tecnologie digitali distruggono posti di lavoro, per il 21% invece ne favoriscono la creazione, per il 46% non influiscono sull’andamento dell’occupazione. Aumenta la paura, cresce la propensione a rinunciare alla privacy. Oggi che l’attenzione per l’incolumita’ personale ha assunto una rinnovata centralita’ nelle vite delle persone, a causa del fatto che le minacce di stragi e attentati divengono pericolosamente concrete, siamo ancora alla ricerca di quanto siamo disposti a concedere in termini di inviolabilita’ dei nostri dati personali in cambio di maggiore sicurezza. Gli utenti di internet sarebbero disposti a subire limitazioni della propria privacy online se questo servisse innanzitutto per contrastare la pedopornografia (lo dichiara il 49,3%), prevenire attentati terroristici (45,4%), combattere la criminalita’ (42,7%), mettere in sicurezza la rete dagli attacchi degli hacker (34,7%), aiutare le indagini dei magistrati (28,1%), mentre il 27,2% non e’ disposto in nessun caso. Tantissimi sono gli italiani (l’82,8%) convinti che le societa’ che gestiscono i social network dovrebbero controllare e segnalare alle autorita’ i messaggi potenzialmente pericolosi, per l’82,8% i servizi di intelligence dovrebbero poter pretendere dalle grandi aziende della rete l’accesso alle informazioni dei loro clienti contenute negli smartphone o nei social network, ma il 75,3% pensa che le autorita’ giudiziarie dovrebbero poter accedere a tutti i nostri dati presenti in rete (informazioni personali, messaggi, chat, posizioni rilevate, ecc.) esclusivamente nei casi di gravita’ eccezionale.