‘Ndrangheta: la guerra con i De Stefano e l’ascesa dei Condello

Carabinieri-Caserma-CC-450Reggio Calabria – E’ frutto della guerra di mafia che li oppose ai De Stefano, insanguinando Reggio Calabria ed il suo comprensorio fra gli anni Ottanta e Novanta, il potere esercitato dai Condello, colpiti oggi da 26 fermi ordinati dalla Dda ed esegiti dai Carabinieri, sul capoluogo e Villa Giovanni. Gli assetti e le alleanze dell’organizzazione, cui gli inquirenti attribuiscono ben 20 episodi estorsivi, sono maturati a cavallo del 1991, anno di conclusione della seconda guerra di ‘ndrangheta. Le vicende criminali della cosca Condello sono strettamente collegate a quelle delle cosche De Stefano ed Imerti-Buda. Originariamente, i legami esistenti tra i De Stefano, nella persona di Paolo De Stefano, ed i Condello, rappresentanti da Pasquale Condello, 66 anni, detto “il Supremo”, erano fortissimi essendo stato il primo testimone di nozze, unitamente a Giovanni Fontana dell’omonima cosca, del secondo. Il “Supremo”, grazie alle sue capacita’ nell’ambito criminale ed ai legami di comparaggio, aveva rapidamente assunto il ruolo di braccio destro di Paolo De Stefano. Ma gli equilibri tra i due casati mafiosi, pur apparentemente cosi’ solidi, iniziarono a modificarsi verso la meta’ degli anni ’80, quando, in conseguenza del matrimonio, celebrato nel 1983, tra Antonino Imerti, detto “Nano feroce”, esponente di vertice della cosca Imerti-Buda, e Giuseppina Condello, sorella di Domenico, 63 anni, detto “U Pacciu” e cugina del “Supremo”, i rapporti tra i Condello e gli Imerti-Buda si rafforzarono, con il conseguente allargamento della presenza dei Condello nell’area di Villa S. Giovanni. Nel momento in cui si intravidero le enormi possibilita’ di arricchimento legate alle contribuzioni pubbliche previste dal “Decreto Reggio” ed ai suoi appalti milionari, nonche’ dalla possibile costruzione del Ponte sullo Stretto, i De Stefano a pianificarono l’omicidio di Nino Imerti con l’obiettivo di ridimensionare l’aggregato criminale Condello-Imerti-Buda nell’area di Villa S. Giovanni, dove i De Stefano intendevano allargare la loro sfera d’influenza.

Fu cosi’ che il 10 ottobre 1985, nel centro del reggino, un’autobomba provoco’ la morte di tre persone – Umberto Spinelli, Vincenzo Palermo e Angelo Palermo – guardie del corpo di Antonino Imerti ed il ferimento di quest’ultimo e di Natale Buda, autista del boss.
La risposta non si fece attendere e il 13 ottobre, a soli tre giorni di distanza, nel rione Archi di Reggio Calabria, furono uccisi il boss Paolo De Stefano, capo dell’omonima famiglia, e Antonino Pellicano’. L’ordine, secondo gli inquirenti, fu impartito da Domenico Condello. Quest’ultimo episodio delittuoso inauguro’ la seconda guerra di ‘ndrangheta e sanci’ definitivamente la scissione dell’allora nascente cosca Condello-Imerti-Buda dallo schieramento destefaniano, di cui Paolo De Stefano era leader indiscusso. Fu l’inizio della carriera criminale di Domenico Condello, oggi sessantenne, nelle file del nuovo “federamento” anti destefaniano, il cui potere si e’ progressivamente accresciuto in ragione degli arresti di Nino Imerti, avvenuto nel 1993, e di Pasquale Condello “il Supremo”, da parte del Ros, nel 2008. La seconda guerra di ‘ndrangheta si protrasse sino al 1991, anno in cui tra gli opposti schieramenti venne siglata una pace che, attribuendo aree di influenza alle varie famiglie mafiose interessate, ridisegno’ la geografia criminale della provincia reggina ed i rapporti di forza tra le consorterie della ‘ndrangheta, decretando, per quanto attiene al territorio di Villa San Giovanni, l’operativita’ di entrambi gli schieramenti, in rapporto di reciproco riconoscimento.

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