Mafia: Consiglio Stato,piu’ poteri prefetti contro infiltrazioni

sede-consiglio-statoRoma – Piu’ poteri ai prefetti per valutare eventuali rischi di infiltrazioni mafiose. La terza sezione del Consiglio di Stato, accogliendo l’appello della Provincia di La Spezia su una sentenza del Tar Emilia Romagna, ha affermato che anche le attivita’ soggette al rilascio di autorizzazioni, licenze o a Scia soggiacciono alle informative antimafia. Palazzo Spada ha infatti ritenuto che la “tradizionale distinzione tra le comunicazioni antimafia, applicabili agli atti autorizzativi ed abilitativi, e le informative antimafia, applicabili a contratti pubblici, concessioni e sovvenzioni pubbliche, non si ponga piu’ in un rapporto di necessaria alternativita’, come nella legislazione anteriore al nuovo codice delle leggi antimafia”. La ‘comunicazione antimafia’ e’ costituita da un’attestazione relativa all’assenza di misure di prevenzione penale o condanne per alcuni gravi delitti: e’ necessaria per il rilascio di autorizzazioni, licenze o Scia ed e’ autocertificabile dall’imprenditore. L'”informativa antimafia” e’ costituita invece da una valutazione del Prefetto sul rischio di infiltrazione mafiosa, fondata non solo sulle condanne ma anche su altri elementi (rapporti di polizia, cointeressenze economiche, frequentazioni). L’informativa costituisce, quindi, uno strumento di prevenzione molto piu’ avanzato. Essa era necessaria, secondo la precedente normativa, solo quando l’impresa doveva stipulare contratti con l’amministrazione, ricevere sovvenzioni, o sfruttare economicamente beni pubblici. La distinzione tra i due strumenti, ha osservato il Consiglio di Stato nella sentenza, “ha fatto si’ che le associazioni di stampo mafioso potessero, comunque, gestire tramite imprese infiltrate, inquinate o condizionate da essa, lucrose attivita’ economiche, in vasti settori dell’economia privata, senza che l’ordinamento potesse efficacemente intervenire per contrastare tale infiltrazione, anche quando, paradossalmente, a dette imprese fosse stata comunque interdetta la stipulazione dei contratti pubblici per effetto di una informativa antimafia”. Gli effetti di questa distinzione sono venuti meno, secondo i giudici amministrativi, con l’istituzione della Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia (prevista dalla legge 136/2010, ossia il Piano straordinario antimafia). In essa ci e’ una vera e propria mappatura delle imprese, comprensiva anche delle informative interdittive, espressamente riferite “a tutti i rapporti”.

Nella pratica, dunque, anche quando si tratta di attivita’ soggette ad autorizzazione, in cui al Prefetto si chiede di emettere solo una comunicazione antimafia, egli puo’ comunque eseguire gli accertamenti tipici dell’informativa invece di limitarsi a riscontrare semplicemente l’assenza di misure definitive di prevenzione o di condanne. Cio’ estende la possibilita’ per lo Stato di non riconoscere, come operatori economici, i soggetti a rischio di legami mafiosi: non piu’ soltanto quando essi debbano stipulare contratti con una pubblica amministrazione, ma anche quando essi svolgano attivita’ che devono essere autorizzate dall’amministrazione. “L’ordinamento – ha sancito il Consiglio di Stato – non riconosce dignita’ e statuto di imprenditore economico a soggetti condizionati, infiltrati, controllati da organizzazioni mafiose, poiche’ l’interesse pubblico generale e’ nel senso di preservare la legalita’ nel tessuto dell’economia reale, proteggendola dall’inquinamento pervasivo criminale”: il timore che “estendendo l’applicazione delle informative antimafia alle attivita’ economiche soggette al regime autorizzatorio, si schiuda la via all’arbitrio dell’autorita’ prefettizia nella valutazione della permeabilita’ mafiosa e quindi anche nell’accesso alle attivita’ economiche (solo) private – si legge nella sentenza – e’ del tutto infondato poiche’ la valutazione prefettizia deve sempre fondarsi su elementi gravi, precisi e concordanti che consentano di ritenere razionalmente credibile il pericolo di infiltrazione mafiosa in base ad un complessivo, oggettivo, e sempre sindacabile in sede giurisdizionale, apprezzamento dei fatti”.