Reggio Calabria – Continuava a impartire ordini dal carcere de l’Aquila, dov’era detenuto, il boss della ‘ndrangheta Giuseppe Piromalli, 72 anni, indicato dagli inquirenti come uno degli elementi di vertice dell’omonimo clan di Gioa Tauro(Rc), colpito oggi dall’operazione “Povvidenza 2” dei Carabinieri. Le risultanze delle indagini coordinate dalla dda avrebbero evidenziato il ruolo apicale dell’anziano boss, detto “Facciazza”, attualmente detenuto nel carcere del capoluogo abbruzzese, e del fratello Antonio di 78 anni, detto “u Catanisi”. I due erano in grado di orientare gli equilibri criminali dell’intero mandamento tirrenico e di condizionare il locale tessuto economico-imprenditoriale, con particolare riferimento ai settori agro-alimentare e turistico-ricettivo, grazie alla complicita’ di imprenditori contigui alla cosca. Giuseppe Piromalli, in particolare, benche’ da anni ristretto in regime detentivo speciale, attraverso i periodici colloqui con i familiari, e facendo leva su un’efficiente rete comunicativa, era in grado di impartire ordini e inviare messaggi funzionali alla direzione degli affari del clan, controllati attraverso il figlio Antonio, fermato il 26 gennaio scorso. Un ruolo carismatico in seno alla cosca era svolto anche dall’ultrasettantenne Antonio Piromalli, defilato sotto il profilo strettamente operativo, ma ancora molto influente nella pianificazione delle strategie criminali dell’organizzazione, soprattutto nel dirimere le controversie sorte tra gli affiliati, anche rispetto a problematiche non prettamente criminali. Proprio all’anziano Antonio Piromalli era demandato il compito di rinsaldare i rapporti con la cosca Mole’, un tempo alleata, attraverso la figura di Michele Mole’, 51 anni, coinvolto nella ripartizione dei proventi derivanti dagli affari criminali legati alla gestione del porto di Gioia Tauro.