Nassiriya, 14 anni fa la strage degli italiani

 Roma – Dodici novembre 2003, 14 anni fa. Per l’Italia una ricorrenza triste e dolorosa. Quel giorno – ore 8.40 italiane, ore 10.40 a Nassiriya, citta’ irachena a maggioranza sciita e capoluogo della provincia di Dhi-Qar, situata a circa 375 km a sud della capitale Bagdad e centro di grande rilevanza dal punto di vista militare – nelle case degli italiani entro’ di nuovo la guerra. Un tremendo attentato, compiuto con un camion e un’auto imbottiti di esplosivo, devasto’ la base italiana ‘Maestrale’ a Nassiriya e porto’ la  morte tra i militari impegnati nell’operazione ‘Antica Babilonia’. Porto’ la guerra nelle case degli italiani.

Dodici carabinieri della Msu (Multinational Specialized Unit), uccisi. Morti anche cinque militari dell’Esercito che facevano da scorta alla troupe del regista Stefano Rolla che si trovava a Nassiriya per girare uno sceneggiato sulla ricostruzione a da parte dei soldati italiani e si erano fermati li’ per una sosta logistica. Morirono anche due componenti civili di una troupe che stavano lavorando a un film. In tutto, 19 vittime italiane. Rimasero uccisi anche 9 iracheni. Feriti una ventina di italiani, tra militari (anche una donna carabiniere) e civili. Ma sarebbe stato ancor piu’ tremendo se non fosse riuscito, anche se solo in parte, il disperato tentativo di fermare i kamikaze all’ingresso della base, nota anche come “Animal House” e che durante il regime di Saddam Hussein era sede della Camera di Commercio, sulle rive del fiume Eufrate. Con quell’azione il carabiniere Andrea Filippa, di guardia all’ingresso della base e poi morto anche lui nell’esplosione, riusci’ a fermare ed uccidere i due attentatori suicidi sul camion, che esplose sul cancello di entrata, evitando cosi’ una strage di piu’ ampie proporzioni. L’autobomba ce la fece invece a passare, perche’ era nascosta dal camion, e a proseguire fin dentro portandosi il suo carico di morte.

Si calcolo’ che i due mezzi fossero imbottiti con almeno 300 kg di esplosivo. Il cratere lasciato dall’esplosione dell’autobomba nell’immediata prossimita’ di due palazzine in cui aveva sede il dipartimento logistico del contingente italiano fu la prima testimonianza terribile delle proporzioni dell’attentato. L’esplosione fu potentissima, fece venir giu’ gran parte di uno dei due edifici e danneggio’ l’altro, quello che era sede del comando. In fiamme anche il deposito delle munizioni della base, e da li’ arrivarono nuove esplosioni innescate dall’attentato. L’altra sede del contingente italiano, base “Libeccio”, era distante poche centinaia di metri dalla prima e venne danneggiata anch’essa dall’esplosione. Per l’intera Italia fu uno shock quell’attentato, quel bilancio di vittime, quelle immagini del cratere e della devastazione provocata dall’auto-bomba nel cuore della base ‘Maestrale’, quelle immagini dei soldati scampati alla morte e con sul volto l’espressione attonita mentre si guardavano intorno. La guerra irachena non era piu’ lontana, era arrivata dentro le mura domestiche degli italiani perche’ 19 morti erano italiani. I caduti appartenevano a vari reparti dell’Arma dei carabinieri territoriale: 13^ reggimento di Gorizia, 7^ reggimento “Trentino-Alto Adige” di Laives, reggimento San Marco, brigata Folgore, 66^ reggimento fanteria aeromobile “Trieste”, reggimento Savoia cavalleria, reggimento Trasimeno. Morti anche appartenenti alla brigata ‘Sassari’ dell’Esercito che stavano scortando la troupe cinematografica e 3 militari del 6^ reggimento trasporti della brigata logistica di proiezione. La camera ardente per tutti gli italiani morti venne allestita nel Sacrario delle Bandiere del Vittoriano, dove fu oggetto di un lungo pellegrinaggio di cittadini. I funerali di Stato si svolsero il 18 novembre nella basilica di San Paolo fuori le mura, officiati dal cardinale Camillo Ruini, presenti le piu’ alte autorita’ dello Stato, e con la partecipazione di almeno 50mila persone. Di ancor piu’ intensa commozione fu il corteo funebre che tra ali di folla dal Vittoriano arrivo’ fino alla basilica, lungo viale Aventino e la via Ostiense, scortato da 40 corazzieri a cavallo.

 

Quel giorno fu lutto nazionale. I morti ed i feriti dell’attentato furono poi insigniti della Croce d’Onore con una cerimonia tenutasi il 12 novembre 2005 presieduta dall’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Ma non mancarono polemiche proprio in merito a quest’ultimo aspetto: nel tempo i congiunti dei militari caduti a Nassiriya hanno infatti giudicato “insufficiente e artificiosa” l’attribuzione della Croce d’Onore in quanto una decorazione istituita per l’occasione. L’iter del processo civile inoltre negli anni ha rilevato errori e omissioni nella catena di comando che, secondo i giudici, avrebbero contribuito a una strage forse evitabile. In particolare, e’ emerso che il Sismi aveva avvisato dell’imminente rischio di un attentato, avviso sottovalutato dai comandi militari. Questo l’elenco delle vittime di quell’attentato: i carabinieri Massimiliano Bruno, maresciallo aiutante; Giovanni Cavallaro, sottotenente; Giuseppe Coletta, brigadiere; Andrea Filippa, appuntato; Enzo Fregosi, maresciallo luogotenente; Daniele Ghione, maresciallo capo; Horacio Majorana, appuntato; Ivan Ghitti, brigadiere; Domenico Intravaia, vice brigadiere; Filippo Merlino, sottotenente; Alfio Ragazzi, maresciallo aiutante; Alfonso Trincone, maresciallo aiutante; i militari dell’Esercito Massimo Ficuciello, capitano; Silvio Olla, maresciallo capo; Alessandro Carrisi, primo caporal maggiore; Emanuele Ferraro, caporal maggiore capo scelto; Pietro Petrucci, caporal maggiore; i civili Marco Beci, cooperatore internazionale, e Stefano Rolla, regista.