Taranto – I carabinieri del Ros stanno eseguendo nelle province di Bari, Taranto e Barletta-Andria-Trani,ma anche in altre regioni, un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa su richiesta della Procura distrettuale antimafia di Lecce, nei confronti dei componenti di una frangia della Sacra Corona Unita, indagati per associazione mafiosa, traffico di stupefacenti, estorsione, danneggiamento e altro. L’indagine ha fatto emergere, tra l’altro, collegamenti con la cosca ‘ndranghetista Bellocco di Rosarno (RC) ed infiltrazioni nel mercato tarantino della vendita dei prodotti ittici, sia attraverso l’estromissione – con tipiche modalita’ mafiose – di altri operatori commerciali, sia attraverso l’acquisizione di societa’ fittiziamente intestate a prestanome.
I carabinieri del Ros hanno eseguito una ordinanza di custodia cautelare e per il sequestro preventivo di beni, emessa dal gip di Lecce, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo salentino, nei confronti di 13 persone accusate di associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, danneggiamento e rapina con l’aggravante del metodo mafioso, detenzione illecita di armi da fuoco, trasferimento fraudolento di valori. L’operazione, denominata “Lampo”, ha portato, in particolare, alla esecuzione di 11 provvedimenti di custodia cautelare in carcere, di un provvedimento di arresti domiciliari e di una misura di obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. L’operazione giunge al culmine di un’indagine avviata nell’ottobre del 2014 dal Ros nei confronti di un gruppo criminale affiliato alla Sacra corona unita attivo a Massafra (TA) e nei comuni limitrofi, capeggiato dal pregiudicato Cataldo Caporosso, gia’ condannato con sentenza irrevocabile per associazione a delinquere di stampo mafioso. L’attivita’ investigativa ha consentito di ricostruire i legami tra lo stesso Caporosso e il noto boss calabrese Umberto Bellocco, ritenuto a sua volta storico esponente della Ndrangheta calabrese, oltre che capo dell’omonima cosca di Rosarno (RC). Gli investigatori ritengono, peraltro, Caporosso personaggio pienamente attivo nell’ambito della stessa Sacra corona unita, essendogli stato riconosciuto il rango di “padrino” proprio da Bellocco. In virtu’ di tale investitura, Caporosso avrebbe rivestito il ruolo di referente criminale della ‘ndrangheta nel territorio tarantino, con lo specifico mandato di curarne la gestione operativa oltre a quella commerciale ed economica.
La capacita’ di intimidazione del gruppo si sarebbe manifestata in piu’ occasioni, tra cui il tentativo di fornire sostegno elettorale, in occasione del rinnovo del Consiglio regionale della Puglia nel 2015, ad un candidato tarantino poi non eletto. Il gruppo mafioso, inoltre, sarebbe responsabile di azioni violente di danneggiamento e rapina all’interno del mercato ittico di Taranto, ricorrendo persono ad una motosega di grosse dimensioni per produrre danni ad un magazzino per la vendita di prodotti ittici a seguito dei dissidi tra Caporosso e Michele Boccuni (altro indagato e per il quale il Gip non ha ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza dell’appartenenza al medesimo sodalizio criminale necessari all’emissione di misura cautelare). Gli inquirenti hanno anche raccolto prove che dimostrerebbero legami tra il gruppo riconducibile a Caporosso e quello diretto da Tommaso Putignano, residente nel vicino comune di Putignano (BA) dove quest’ultimo era, all’epoca delle indagini, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza. In particolare, i carabinieri hanno scoperto l’esistenza di una attivita’ di traffico e spaccio di ingenti quantitativi di cocaina commercializzata da una fitta rete di pusher, grazie a periodici rifornimenti da un altro gruppo criminale del posto capeggiato da Riccardo Sgaramella, detto “Salotto”, attivo ad Andria (BAT). Lo stesso gruppo mafioso, sempre in base alle indagini, poteva contare su un cospicuo patrimonio economico continuamente alimentato dalle attivita’ illecite e che veniva utilizzato per fare fronte alle esigenze organizzative dello sodalizio (acquisto di telefonini, schede, ricariche telefoniche, carburante) e per le eventuali spese legali sostenute degli affiliati. La sproporzione tra redditi dichiarati e tenore di vita condotto dalle persone coinvolte nell’inchiesta, ha indotto il gip a disporre anche il sequestro preventivo di un’attivita’ commerciale di onoranze funebri, quattro veicoli e diversi rapporti finanziari bancari e postali attivi riconducibili a Caporosso ed ai suoi familiari.