Femminicidio: Sos Stalking, 44 vittime primi 6 mesi; +30% su 2017

Roma – Aumentano i casi di femminicidio in Italia. Nei primi 6 mesi del 2018, sono state uccise gia’ 44 donne, il 30% in piu’ rispetto lo stesso periodo del 2017. A stilare il bilancio e’ l’associazione Sos Stalking, che ricorda come nel 2017 abbiano perso la vita 113 donne: due di queste, in particolare, erano in stato di gravidanza e la loro morte ha provocato anche quella dei loro feti, di 5 e 6 mesi. Ad uccidere sono stati, nella quasi totalita’ dei casi, mariti, compagni o ex, incapaci di accettare la fine della relazione o la volonta’ della partner di volersi ricostruire una vita al di fuori della coppia. Anche se i numeri subiscono leggere variazioni di anno in anno, la strage non accenna a placarsi: nel 2016 in Italia sono state uccise 115 donne, cinque in meno rispetto al 2015, 117 sono state le vittime nel 2014 e ben 138 nel 2013. “La legge sullo stalking, che ha certamente il merito di aver regolamentato un fenomeno che sino a meno di dieci anni fa era ignoto per il nostro sistema giudiziario, presenta ancora oggi – spiega l’avvocato Lorenzo Puglisi di Sos Stalking – lacune che meritano di essere colmate: manca un piano ben definito per la riabilitazione degli stalker che spesso, spinti da una dipendenza affettiva, non hanno strumenti idonei a placarsi autonomamente. E’ indispensabile istituire un network tra Sert, Consultori di zona e Servizi sociale per istituire dei veri e propri percorsi senza i quali il rischio di recidiva resta molto elevato”. I numeri – sempre in base all’analisi di Sos Stalking – variano da regione a regione e, almeno nei primi mesi del 2018, confermano il triste primato della Lombardia, con il numero piu’ alto di donne assassinate, 11, seguita poi da Campania (6), Piemonte (5), Lazio (4) e Toscana (3). Due i casi di femminicidio registrati in Liguria, Veneto, Abruzzo e Calabria, mentre le restanti Puglia, Basilicata, Marche, Emilia-Romagna, Trentino Alto-Adige, Friuli Venezia-Giulia e Sicilia, hanno avuto a che fare ognuna con un episodio di omicidio.

“Il 20% dei femminicidi – aggiunge Puglisi – e’ stato preceduto da una misura cautelare che disponeva un divieto di avvicinamento. Misura che, di fatto, si e’ rivelata inefficace a causa dell’insufficiente potere dissuasivo di un provvedimento che, restando unicamente sulla carta stampata, non fornisce alcuna reale garanzia per le potenziali vittime e che potrebbe essere fortemente ridimensionato potenziando gli strumenti in uso alla magistratura come i braccialetti elettronici che, ancora oggi, funzionano a regime ridotto essendo ancora troppo pochi gli esemplari in uso alle autorita’ giudiziarie”. Oltre alle vittime, non vanno dimenticati i bambini o i ragazzi che, in seguito al delitto, si sono ritrovati orfani di madre o, in caso di omicidio-suicidio, di entrambi i genitori. In Italia sono oltre 2000 gli orfani in conseguenza di un femminicidio: “Ai 67 ragazzi rimasti orfani nel 2017, se ne aggiungono 20 nei primi 6 mesi del 2018. Le cosiddette ‘vittime secondarie’ hanno un’eta’ media – conclude Puglisi – compresa fra i 5 e i 14 anni e una prospettiva di vita molto difficile a cui far fronte: il trauma legato allo choc, sia per aver in alcuni casi testimoniato direttamente all’omicidio, sia per il lutto violento, e’ irreparabile e a questo si aggiungono conseguenze quali indigenza, mancanza di un’educazione adeguata e di una guida in un’eta’ molto delicata per la crescita”.