Criminalita’: sequestrate dieci societa’ per 6,5 mln euro

Roma  – I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza e del Comando Provinciale dell’Arma dei Carabinieri di Roma stanno eseguendo un decreto di sequestro di beni disposto dal Tribunale di Roma, Sezione Misure di Prevenzione, su richiesta della Dda che ha ad oggetto dieci societa’ di capitali, per un valore complessivo di circa 6,5 milioni di euro. A pochi giorni dall’esecuzione del provvedimento che aveva disposto il sequestro di 4 imprese, per un valore di circa 7,5 milioni di euro, nel mirino della Guardia di Finanza e dei Carabinieri sono di nuovo finiti due gruppi criminali con base nella capitale e a Monterotondo. Il sequestro non e’ altro che il seguito giudiziario dell’operazione denominata “BABYLONIA”, le cui indagini, eseguite dal Reparto Operativo – Nucleo Investigativo Carabinieri di Roma ed affiancate dagli accertamenti patrimoniali portati avanti dal Gico del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria, avevano portato lo scorso anno all’arresto di 23 persone accusate di far parte di due distinte associazioni per delinquere dedite all’estorsione, all’usura, al riciclaggio, al reimpiego di denaro e beni di provenienza illecita, al fraudolento trasferimento di beni e valori, con l’aggravante del metodo mafioso. Al vertice, secondo chi indaga, c’erano gli arrestati Gaetano Vitagliano, Andrea Scanzani e Giuseppe Cellamare (quest’ultimo poi deceduto). In quell’ambito erano finiti sotto inchiesta, seppure a piede libero, altri 26 soggetti, tra cui un notaio, tre commercialisti e alcuni infedeli dipendenti di banca. Per aggredire i patrimoni illecitamente accumulati dai capi dell’organizzazione, alla luce di una una netta sproporzione tra i redditi dichiarati e le ricchezze possedute, la Procura aveva richiesto e ottenuto l’applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale, a carico di Vitagliano, Scanzani e Cellamare, in relazione a beni per circa 280 milioni di euro, tra cui gli storici bar “Mizzica!” di via Catanzaro e Piazza Acilia, il locale della movida romana “Macao” di via del Gazometro e la nota catena di bar “Babylon Cafe”, dalla quale l’indagine ha preso il nome, oggi in amministrazione giudiziaria.