Incendio: giovane del Gambia muore carbonizzato in baraccopoli

Reggio Calabria  – Un diciottenne del Gambia, Suruwa Jaiteh, e’ morto carbonizzato nell’incendio che e’ divampato intorno a mezzanotte tra alcune baracche all’interno della vecchia baraccopoli di San Ferdinando, in provincia di Reggio Calabria. L’incendio e’ stato domato dai vigili del fuoco del presidio permanente presso la vicina nuova tendopoli. Ancora non si conoscono le cause del rogo. Il giovane era regolare in Italia, titolare di permesso di soggiorno per motivi umanitari, era ospite dal centro di accoglienza di Gioiosa Jonica presso il quale era domiciliato e dal quale si era allontanato volontariamente. Occasionalmente dormiva nella baraccopoli. Per questa mattina il prefetto di Reggio Calabria ha convocato d’urgenza un comitato per l’ordine e sicurezza pubblica che si terra’ nella sede municipale del Comune di San Ferdinando per fare il punto della situazione.

Sul tragico episodio di stanotte interviene Ivana Galli, Segretaria Generale Flai Cgil Nazionale:
“Ancora un morto a San Ferdinando in un incendio, un ragazzo giovanissimo venuto qui per lavorare, come era già successo un anno fa. Ancora una morte assurda e che poteva essere evitata. A San Ferdinando, come in altri luoghi, la situazione alloggiativa va risolta. E comunque in attesa di soluzioni più strutturate, i lavoratori che sono nella tendopoli, ormai trasformata in un indistinto campo di baracche, per il picco della stagione di raccolta di agrumi e kiwi vanno messi in condizioni di sicurezza minima“.

Secondo la segretaria: “C’è bisogno del senso di responsabilità di tutti, ci sono migliaia di lavoratori ammassati in questi ghetti, luoghi dove mancano i servizi essenziali, acqua, bagni, un po’ di riscaldamento. A San Ferdinando sono tre anni che siamo in attesa dei moduli abitativi e invece nulla, mentre la tendopoli diventa ogni giorno di più un girone dantesco. Altro che Decreto sicurezza, che rende solo irregolare chi fino a ieri non lo era e quindi rende più insicuri tutti, qui servono misure serie per accoglienza e le soluzioni ci sarebbero. Utilizzo di tanti immobili abbandonati, progetti come Riace, per una accoglienza diffusa e quindi integrata. A San Ferdinando non ci sono clandestini o persone pericolose, ma solo persone che vengono a lavorare, spesso sfruttate e sottopagate, e assicurano sulle tavole natalizie imbandite aranci, mandarini e frutti di stagione. Non possiamo seguitare a piangere i morti, le istituzioni -conclude- devono intervenire con responsabilità e umanità“.