Intelligence, Nicolò Pollari al Master dell’Università della Calabria

Rende(Cosenza) – “L’irrinunciabile attività dell’intelligence è un’evidente risorsa pubblica oggetto di doverosa tutela. Purtroppo spesso per “ragioni di comodo e, talvolta, purtroppo, di interesse politico” è stata oggetto di ingiustificato ed immeritato sospetto. Fino al punto che, si passi l’espressione: “quando va bene viene considerata inquietante, quando va male viene considerata deviata”. D’altronde la particolare e delicatissima natura delle attività svolte e la “condizione” degli appartenenti alle Istituzioni di informazione e sicurezza prevede alcuni comportamenti. Infatti, talvolta non è manifestabile perché costituisce oggetto di massimi “vincoli”, disponibili solo per gli Organi individuati dalla Costituzione e dalla Legge. Altre volte, può prestarsi a interpretazioni a senso unico, in quanto una delle parti in causa ha il dovere di rimanere silente”. In questo modo Nicolò Pollari, direttore del SISMI dal 2001 al 2006 e docente universitario di diritto tributario, ha avviato la sua lezione in video conferenza al Master in Intelligence dell’Università della Calabria diretto da Mario Caligiuri. “L’intelligence – ha detto il docente – è conoscenza e negli ultimi decenni tale approccio è stato trasformato radicalmente dalle nuove tecnologie. Si pensi ad esempio alle prospettive di internet. La “conoscenza” intelligence, in particolare, non è volta solo di acquisire dati altrimenti non ottenibili ma deve misurarsi rispetto a valutazioni professionali complesse ed evolute, anche sul piano tecnico e scientifico. L’intelligence è, insieme, un particolare tipo di conoscenza, un organismo che produce questa conoscenza e un complesso di attività da svolgere. E’, in particolare, un valore aggiunto di natura istituzionale quando affronta questioni militari o di politica internazionale, mentre è competitive intelligence se si occupa di questioni economiche ed è investigative intelligence quando contrasta la criminalità e il terrorismo”. Il docente ha poi illustrato l’organizzazione dell’intelligence italiana, precisando che in alcune realtà nazionali organismi di polizia svolgono anche funzioni di intelligence e viceversa, come nel caso degli USA con l’FBI, dell’Austria e della Svizzera. Ha poi descritto la BASIC Intelligence che si divide in Biografic, Economic, Sociological, Transportation and Telecommunications, Military Geografical, Armed Forces, Political, Scientifical and Technical. Per Pollari “l’analisi è un processo che utilizza sia metodi scientifici che non, intuizione ed esperienza, modelli matematici e simulazioni, metodologie formali e infine intelligenza, acume e buonsenso. Questo processo deve essere orientato per prevenire eventi indesiderabili, offrire supporto al processo decisionale, individuare e mantenere sotto controllo i competitors, contribuire a sviluppare strategie, svolgere un ruolo chiave nella raccolta delle informazioni. In tale quadro, il compito dell’analista consiste nel trasformare i crescenti dati grezzi in intelligence, che richiede, come detto, metodi e tecnologie nuove. Pertanto, l’analista, che produce la vera e propria intelligence, è parte del ciclo delle informazioni insieme ai decisori e ai soggetti deputati alla raccolta”. Il docente ha poi affrontato il pluralismo dell’informazione che richiede il controllo emotivo di dati e notizie. Infatti, ha spiegato che nel caso di incombenti minacce terroristiche i media possono assolvere a funzioni determinanti attraverso una capillare azione comunicativa, stimolando una responsabile consapevolezza e prevenendo psicosi collettive o reazioni abnormi. Ha poi approfondito il caso del cosiddetto Stato Islamico che era riuscito ad affermarsi e conquistare un territorio ampio come la Gran Bretagna con circa dieci milioni di abitanti,con la costituzione di veri e propri ministeri, servizi sociali, reclutamenti militari e ricevendo finanziamenti dai paesi sunniti ricchi. L’IS aveva affiancato alla guerra asimmetrica, condotta tradizionalmente dal terrorismo fondamentalista, una guerra sostanzialmente di tipo convenzionale. Da ciò deriva , molto verosimilmente, la sua sconfitta sul piano militare. Il jihad concepisce, infatti, il nemico in termini morali e religiosi e non in termini territoriali. Pollari ha ricordato che negli ultimi anni si è avuta notizia di reti che operano con modalità e cautele particolarissime attraverso molte centinaia di ex operatori di intelligence iracheni ed ex diplomatici e ufficiali presenti in Occidente. In ogni caso vi sarebbero, in aggiunta, centinaia di altre persone ancora pienamente propense ad essere attivate per il sostegno al Jihad. Ha quindi affrontato la questione energetica che è fondamentale dal punto di vista economico e geopolitico. Per il docente si parla poco degli importanti giacimenti di gas scoperti nel cosiddetto “Bacino del Levante”, adiacente ad Israele, striscia di Gaza, Egitto, Libano, Siria fino a Cipro e Turchia. In particolare due soli grandi giacimenti israeliani il Leviathan e Al-Tamar assicurano fino al 2040 il 60 per cento dei consumi interni e il 40 per cento di esportazioni da quel Paese. Rispondendo alle domande degli studenti, ha argomentato che la Libia aveva una stabilità che derivava sopratutto dagli equilibri tra le kabile, rotti i quali c’è adesso instabilità permanente. Questa situazione non fa ben sperare e sembra preludere a nuove iniziative, anche in termini di confronti militari , innanzitutto tra le principali fazioni oggi presenti in quel Paese. Per quanto attiene al recente memorandum con la Cina, ha ricordato che la strategia della Via della Seta per il miglioramento dei suoi collegamenti commerciali con i paesi nell’Eurasia e che comprende le direttrici terrestri della “zona economica della via della seta” e della “via della seta marittima del XXI secolo”, non costituisce, di per sé, un elemento di novità poiché si tratta di un’iniziativa già annunciata da Xi-Jinping ed avviata fin dal mese di settembre del 2013. Infine ha risposto sul tema delle fake news inquadrandolo nel più ampio problema della disinformazione, che non è anch’esso una novità nel mondo e che condiziona le tecniche belliche, genera effetti e influenze, specie sulla pubblica opinione, alimenta la guerra psicologica per fini politici, militari, economici e commerciali. Nonostante questi rischi, la democrazia non può esistere senza una vera libertà di stampa che è un bene irrinunciabile, in mancanza del quale non si può neppure parlare di vera democrazia. Anche se ciò, ovviamente non equivale a dire che il concetto di libertà di stampa comprenda la deliberata propagazione di fatti, questioni e dati strumentali a interessi di parte.

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