‘Ndrangheta: imprenditori si ribellano, colpo ai clan crotonesi

Crotone  – Ci sono anche le dichiarazioni di diversi imprenditori che si sono ribellati all’oppressione della criminalità organizzata alla base delle indagini della Dda di Catanzaro sfociate nell’operazione “Malapianta”, condotta, questa mattina, dalla Guardia di Finanza di Crotone, con 35 fermi, 64 persone indagate complessivamente e beni per 30 milioni sequestrati. L’inchiesta conferma l’esistenza di un “locale” di ‘ndrangheta a San Leonardo di Cutro (Kr), operante a partire almeno dagli anni Settanta, con a capo le famiglie Mannolo e Trapasso. Si tratta, secondo quanto emerge dagli atti, di un “locale” appartenente al “Crimine” crotonese/catanzarese e pertanto riconosciuto da parte del superiore “Crimine” di Polsi, la località aspromontana simbolo della ritualità della mafia calabrese.
L’organizzazione colpita oggi, spiegano gli inquirenti, nel corso dei decenni ha diversificato la sua operatività criminale passando dal contrabbando di sigarette al narcotraffico, all’usura e alle estorsioni. I villaggi turistici del litorale ionico fra Crotone e Catanzaro soggiacevano al controllo criminale posto in essere dalla cosca con due metodologie distinte: l’estorsione di denaro contante per milioni di euro e il condizionamento e lo sfruttamento della gestione dei servizi quali manodopera, forniture e manutenzioni. Le cosche, nel tempo, sarebbero riuscite a imporre la loro assoluta egemonia su ogni attività connessa alla gestione delle strutture alberghiere che abbia un profilo economico.

Tra le principali attività della cosca si annovera il traffico di stupefacenti, una delle principali fonti di finanziamento dell’associazione. Sin dagli anni ’90 per le altre cosche del Crotonese, ma non solo i Mannolo, hanno costituito un punto di riferimento per il narcotraffico. In quegli anni venne addirittura impiantata una raffineria a San Leonardo, località giudicata idonea in quanto facilmente controllabile dalla cosca e quasi impossibile da controllare per le forze dell’ordine. Le indagini hanno dimostrato come i “san leonardesi” si sono approvvigionati di droga dalle cosche operanti in provincia di Vibo Valentia, Catanzaro e Reggio Calabria e, inoltre, si sono dotati di una ramificata rete territoriale per la commercializzazione del narcotico principalmente su Crotone, Isola di Capo Rizzuto, Botricello e zone limitrofe in provincia e Catanzaro, San Giovanni in Fiore in provincia di Cosenza.
Le indagini hanno documentato l’acquisto e la successiva cessione di centinaia di chilogrammi di hashish, cocaina ed eroina. In totale, è stata accertata la moovimentazione di 300 kg di stupefacente, In particolare su Crotone la base operativa dello spaccio era situata nel quartiere di via Acquabona, il “fortino” dove risiedono centinaia di persone appartenenti al gruppo degli “zingari” di Crotone. E’ da considerarsi la piazza di spaccio principale della città dove si sono creati gruppi criminali i cui capi risultano affiliati alla ‘ndrangheta.