Commissario Calabresi: Gabrielli inaugura piazza a Crotone

Crotone  – “Questa piazza e’ impreziosita dal ricordo di eroi, servitori dello Stato come Luigi Calabresi, Giovanni, Falcone Paolo Borsellino”. Lo ha detto il capo della Polizia, prefetto Franco Gabrielli, oggi a Crotone per inaugurare la piazza, antistante il Palazzo di Giustizia, dedicata al commissario Luigi Calabresi, alla presenza del presidente del Tribunale Maria Vittoria Marchianò e del procuratore della Repubblica Giuseppe Capoccia. Sulla facciata del Palazzo di Giustizia, peraltro, per iniziativa della camera penale di Crotone, è stato realizzato un murales che raffigura i giudici Falcone e Borsellino.
“C’è un filo tragico in questo connubio: la fragilità – ha spiegato Gabrielli – non sta solo nel destino di questi servitori dello Stato, perché oggi li ricordiamo, li celebriamo, ma 47 anni fa Luigi Calabresi lasciò casa sua, lasciò la moglie Gemma, i figli Mario, Paolo e Luigi che ancora oggi ha in sé la rabbia di non aver potuto conoscere il proprio padre. Lasciò in un clima di emarginazione, in un clima nel quale addirittura autorevoli intellettuali ne avevano fatto l’obbiettivo dei loro strali; era il massacratore dell’anarchico Pinelli e questo ostracismo in questo Paese così strano è durato nel tempo. Solo dopo tanti anni, nel 2004, la sensibilità dell’allora presidente della repubblica Carlo Azeglio Ciampi restituì questo uomo e questo servitore dello Stato agli onori che gli erano dovuti. Ed è stata anche la vicenda di Giovanni Falcone – ha ricordato Gabrielli – osteggiato in vita e celebrato dopo la morte. Credo che queste storie possiedano in sé due importanti sottolineature: la prima è che chi serve il paese deve sentire vivere e percepire la vicinanza della gente e delle istituzioni. Troppo spesso chi è più esposto, chi combatte una battaglia complicata non sempre ha la vicinanza e la comprensione che meriterebbe. Ma c’è anche un altro memento riferito alla figura di Luigi Calabresi”.

Oggi il Paese sta rivivendo un clima di contrapposizione, financo di odio, e c’è un tentativo perverso e pericoloso di coinvolgere in questo gioco estremamente gravido di conseguenze negative le istituzioni. Quando si tira per la giacca, quando si coinvolge o si vuole far coinvolgere in questo gioco perverso un’istituzione come la Polizia di Stato ritenendola al servizio dell’uno o dell’altro, ritenendola in qualche modo braccio armato di chissà quale potere oscuro, credo che non si faccia un servizio al Paese. Le istituzioni hanno un senso nel momento in cui le si preserva e le si protegge da meschine logiche strumentali. Questo è il paese che ha conosciuto come le parole diventano pietre e come le pietre diventano proiettili. E come la leggittima arma della critica può diventare una critica delle armi”. Soffermandosi ancora sulle polemiche che negli ultimi tempi stanno investendo la Polizia di Stato, il prefetto Gabrielli ha aggiunto che “volendo attaccare – e questo risponde a logiche assolutamente legittime – le politiche del mio ministro, si coinvolge in giudizi affretttati, ingenerosi, molto spesso strumentalmente modificati nella realtà, l’istituzione che rappresento. Ho già avuto modo di richiamare a un maggiore rispetto delle donne e degli uomini che vestono la nostra divisa al pari delle donne e degli uomini che vestono le divise e servono il paese. Se ci deve essere una censura con riferimento a determinate politiche questa non deve avvenire attraverso la strumentralizzazione di vicende e di situazioni che alcune volte sono o addirittura inventate di sana pianta o assolutamente amplificate”.

 

“Recentemente – ha continuato Gabrielli – abbiamo ricevuto tantissime critiche per la conduzione di questa campagna elettorale nella quale sarebbero state compresse le libertà: vi invito a riguardarvi tutto quello che è stato. Un utilizzo sproporzionato della forza. In una intervista al Secolo XIX dopo il bruttissimo episodio di Genova ho ricordato che in quella campagna elettorale ci sono stati solo tre manifestanti feriti mentre nella precedente campagna, quella del marzo dell’anno precedente, ce ne sono stati dieci, a significare che forse un po’ più di attenzione e di misura servirebbe a tutti e quindi nell’esprimere giudizi e dare valutazioni su cambi di passo della Polizia, sull’assecondare chissà quali logiche repressive, io queste cose le vivo con estrema, grande amarezza. A Genova è accaduto un fatto gravissimo: non un giornalista ma una persona è stata malmenata in una manifestazione pubblica. A Genova è successo un altro evento che non era mai accaduto, quattro poliziotti hanno varcato spontaneamente la porta della procura della repubblica per riconoscere le proprie responsabilità, se c’è tra questi aulici Soloni qualcuno che mi può dire quante volte nel passato ciò è avvenuto io sono ancora in attesa di avere risposte. Lo dico, ma lo dico con l’amarezza e il fastidio di chi vuole tirarci per la giacca, di chi vuole coinvolgerci in polemiche molto spesso strumentali che possono avere altri indirizzi ma non certamente la Polizia di Stato e chi garantisce l’ordine e la sicurezza pubblica in questo Paese, cioè le autorità di pubblica sicurezza.

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