‘Ndrangheta: pm ricostruiscono duplice omicidio Falcone-Iannoccari

Catanzaro – Le dichiarazioni della moglie di una delle due vittime, il contributo di quattro collaboratori di giustizia e varie intercettazioni. Sono questi gli elementi grazie ai quali i carabinieri del Reparto operativo del Comando provinciale di Catanzaro hanno fatto luce sul duplice omicidio di Massimiliano Falcone e Davide Iannoccari, avvenuto il 20 novembre 2006 a Taverna. I militari dell’Arma, coordinati dalla Dda di Catanzaro guidata dal procuratore Nicola Gratteri, lo hanno contestualizzato nell’ambito di un conflitto tra le cosche di ‘ndrangheta Catarisano e Cossari attive nel territorio di Roccelletta di Borgia (Catanzaro), eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Salvatore Abbruzzo, 42 anni, e Francesco Gualtieri, di 39, accusati di aver ucciso Falcone e Iannoccari a colpi di arma da fuoco e poi di averne bruciato i corpi lasciandoli in una zona di campagna nella Sila catanzarese. Nell’ordinanza del gip di Catanzaro, di 38 pagine, gli inquirenti illustrano i passaggi che hanno portato all’identificazione del presunti esecutori del delitto, a partire dai verbali delle dichiarazioni della vedova di Falcone, rese il giorno dopo e nei giorni immediatamente successivi al duplice omicidio. Secondo quanto si legge nel provvedimento cautelare, infatti, la donna avrebbe riferito di aver “lasciato il marito e Iannoccari in compagnia dell’Abruzzo e del Gualtieri poco prima che i due venissero uccisi”. Inoltre, altri riscontri per gli investigatori arrivano da almeno tre intercettazioni di persone “appartenenti o contigui al contesto criminale che fa da sfondo alla vicenda”. Infine, il gip evidenzia “l’apporto straordinariamente rilevante” dei collaboratori di giustizia, “apporti dichiarativi di soggetti di cui si è già l’attendibilità intrinseca, anche da parte di altre realtà giudiziarie”. Si tratta, in particolare, dei pentiti Raffaele Moscato, ritenuto dagli inquirenti legato alla cosca dei Piscopisani, che, si legge nell’ordinanza, avrebbe indicato in Abruzzo e Gualtieri “due pericolosi azionisti” della cosca Catarisano, di Gennaro Pulice, ritenuto esponente della cosca Iannazzo-Daponte-Cannizzaro di Lamezia Terme, di Santo Mirarchi, ritenuto inserito nei gruppi criminali di etnia rom di Catanzaro a loro volta legati a cosche del Crotonese, e di Salvatore Danieli, ritenuto legato alla cosca Bruno operante tra Vallefiorita, Amaroni e Squillace.

,