Dia: mafie autoctone cambiano pelle e diventano imprese

Roma – Si infiltra abilmente nell’economia (soprattutto nel nord del Paese dove ci sono le aree più produttive) insinuandosi sempre più nel mondo della finanza, perchè sa “cambiare pelle” e variare il ‘paniere’ dei propri investimenti, spaziando dal settore della ristorazione a quello turistico-alberghiero, dalla vendita all’ingrosso di prodotti alimentari e ortofrutticoli a quella di giocattoli e casalinghi. Sfruttando con intelligenza ciò che ogni realtà territoriale locale può fornire, assume sempre più un taglio imprenditoriale la mafia dei giorni nostri, capace di adottare “modelli manageriali variabili per la gestione delle risorse”, qualità che la vecchia mafia non aveva. La seconda Relazione semestrale 2018 che la Direzione investigativa antimafia ha trasmesso al Parlamento ci racconta che la criminalità di questi ultimi tempi si avvale del lavoro di quei professionisti che, sebbene esterni al gruppo delinquenziale, prestano la loro opera come “facilitatori”, e cioè come veri e propri artisti del riciclaggio, per schermare e moltiplicare gli interessi economici della mafia. Offrendo, a garanzia, “riservatezza e una vasta gamma di servizi finanziari, inclusi quelli di elusione fiscale”, attraverso il meccanismo delle false fatturazioni.

E sì perchè le mafie, oltre a capitalizzare i proventi illeciti in attività imprenditoriali, puntano anche a realizzare gli indebiti risparmi di imposta. Nel 2018 sono state 103.576 le operazioni finanziarie sospette risultate di “interesse istituzionale” per la Dia: il 46,3% sono state messe a segno a nord, il 33,8% nelle regioni del sud e il 18,7% nei territori del centro Italia. Le indagini della magistratura e delle forze dell’ordine evidenziano che le attività che portano soldi sono sempre le stesse: traffico e spaccio di droga, estorsioni, usura. Ma, a differenza del passato, i guadagni vengono reimpiegati e immessi nell’economia legale. Gli analisti della Dia spiegano nella loro Relazione che la ‘ndrangheta è sempre più proiettata fuori Regione e all’estero, con le cosche che puntano forte sui giochi on line e sulle energie rinnovabili senza dimenticare i settori più tradizionali, come quelli del comparto agricolo e delle sovvenzioni pubbliche. Le scommesse illegali stuzzicano gli appetiti anche della camorra, delle consorterie pugliesi e di Cosa Nostra, da sempre interessata agli appalti pubblici che operano nel settore della ristorazione, delle pulizie, del servizio scuola bus, della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti.