Rifiuti: blitz Polizia, sgominato sistema che avvelenava Lamezia

Catanzaro  – Un vero e proprio “sistema”, organizzato secondo gli schemi della famigerata “Terra dei fuochi” in Campania, con tonnellate di rifiuti pericolosi e nocivi interrate in discariche abusive e un conseguente danno ambientale di enormi proporzioni nell’hinterland di Lamezia Terme (Catanzaro). E’ questo lo “spaccato” di un grande traffico di rifiuti che la Squadra mobile di Catanzaro e il commissariato di polizia di Lamezia Terme hanno disarticolato o con l’operazione “Quarta copia-Circolo Spazzatura”, culminata nell’esecuzione di 20 misure cautelari. I particolari del blitz sono stati illustrati questa mattina in una conferenza stampa alla presenza del procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, del procuratore aggiunto Vincnezo Capomolla, del procuratore di Lamezia Terme, Salvatore Curcio,e del questore Amalia Di Ruocco, che insieme al nuovo capo della Mobile di Catanzaro, Alfonso Iadevaia e al dirigente del commissariato lametino, Alessandro Tocco, hanno delineato i dettagli di una complessa indagine, partita nel giugno del 2018 grazie alla denuncia di un cittadino, insospettito per il continuo e misterioso “via vai” notturno di camion nelle campagne della Piana lametina. Da questo particolare sono partite serrate investigazioni che hanno portato la polizia a ricostruire una fitta rete di imprese – almeno tre società, una di Gizzeria (Catanzaro), una di Bologna e una società di intermediazione di Como – che, sotto l’apparenza legale, in realtà smaltiva illecitamente in discariche non autorizzate nel comprensorio di Lamezia Terme una notevole mole di rifiuti, altamente inquinanti, provenienti da tutt’Italia, persino – hanno riferito gli inquirenti – rifiuti speciali, tra cui farmaci scaduti, provenienti da una grossa azienda ospedaliera della Campania.

Le sostanze inquinanti, che arrivavano in Calabria al culmine di un traffico dal valore complessivo di 300mila euro, venivano quindi sepolte sotto terra, con conseguente inquinamento persino delle falde acquifere e l’avvelenamento dell’ambiente circostante ai siti dello smaltimento illegale: a certificare queste allarmanti conseguente – hanno ancora spiegato gli investigatori – sono state anche le analisi dell’Arpacal e dei tecnici incaricati dalla magistratura. In totale, sarebbero stati illegalmente smaltite circa 300 tonnellate di rifiuti, con i primi sversamenti che – hanno inoltre aggiunto gli inquirenti – si sono verificati addirittura negli anni 2004-2005. “In questa indagine – ha spiegato il procuratore di Lamezia, Curcio – abbiamo riscontrato lo stesso schema prodromico di quanto è avvenuto nella ‘Terra dei fuochi’ in Campania, riscontrando poi la bieca logica del profitto che muoveva questa organizzazione ma anche la loro stupidità, visto che i rifiuti venivano interrati vicino alle loro abitazioni, e alle loro attività quindi danneggiando in primo luogo i loro stessi familiari”. Di “lavoro e inchiesta pregevoli” ha parlato il procuratore di Catanzaro, Gratteri, secondo il quale “questa indagine è estremamente importante perché fa luce su reati magari non convenzionali ma che riguardano e colpiscono la salute delle persone”, mentre il procuratore aggiunto Capomolla ha descritto “le sofisticate tecniche messe in atto da questo sodalizio criminale, la cui attività non era estemporanea ma era un vero e proprio ‘sistema’, che si estendeva ben oltre i confini della Calabria”. A sua volta, il questore Amalia Di Ruocco ha voluto “ringraziare il cittadino che con la sua prima denuncia ha permesso di attivare la nostra indagine, un gesto che conferma come ci si può fidare delle forze dell’ordine”. Da tutti i partecipanti alla conferenza stampa, infine. è stata rimarcata “la grande sinergia tra le procure di Catanzaro e di Lamezia Terme e la polizia delle due città oltre che di quelle di altri centro che hanno collaborato alle indagini”.

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