‘Ndrangheta: business cosche calabresi in Umbria, 27 arresti

Catanzaro  – La ‘ndrangheta è riuscita a radicarsi in maniera compiuta nel tessuto economico dell’Umbria, investendo ingenti somme di denaro, puntando anche al condizionamento della pubblica amministrazione e gestendo lo spaccio di droga e le estorsioni. Una vera e propria filiale che dalla Calabria è stata allestita e Perugia e nell’hinterland. E’ questo lo spaccato che emerge dall’operazione “Infection” e “Core Business” portate a termine dalla Polizia di Stato attraverso il coordinamento delle Direzioni distrettuali antimafia di Catanzaro e Reggio Calabria, con l’impegno delle Squadre Mobili di Catanzaro, Reggio Calabria e Perugia, e del Servizio centrale operativo. L’indagine ha portato all’emissione di 27 ordinanze di custodia cautelare, quattro per Reggio Calabria e il resto per Catanzaro (tre sono agli arresti domiciliari), con 51 indagati in tutto e il sequestro di beni per un valore di circa dieci milioni di euro. Al centro delle indagini le cosche Trapasso e Mannolo di San Leonardo di Cutro (Crotone) e Commisso di Siderno (Regio Calabria). I reati contestati sono, a vario titolo, di associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e occultamento di armi clandestine, minacce, violenza privata, associazione a delinquere finalizzata alla consumazione di una serie di reati di natura contabile o economico-finanziaria strumentali alla realizzazione sistematica di frodi in danno del sistema bancario. La figura centrale è quella di Cosimo Commisso, alias “U guagghia”, uscito dal carcere lo scorso mese di gennaio. Sarebbe stato lui a gestire gli affari dell’organizzazione mafiosa in Umbria, diventando un vero e proprio punto di riferimento non solo per le cosche, ma anche per professionisti e cittadini che si rivolgevano alla mafia calabrese per superare problemi.

 

Tra i rapporti finiti al centro delle indagini, anche quelli con Giuseppe Minnici, businessman di riferimento dell’organizzazione, soprattutto in Umbria. L’inchiesta è partita proprio dal monitoraggio di Commisso, trasferitosi a Perugia nel 2015 dopo una lunga detenzione, e dal costante coordinamento tra le tre procure e le tre squadre mobili interessate. Gli affari sarebbero stati gestiti grazie ai rapporti di Commisso con Antonio Rodà, referente imprenditoriale in Umbria della famiglia Crupi. La ‘ndrangheta acquistava in Umbria terreni da destinare a vigneti per la produzione di vino da commercializzare in Canada e, nel frattempo, si impegnava per trovare escamotage che potessero evitare il sequestro di beni. Lo stesso Commisso avrebbe mantenuto contatti costanti con i rappresentanti delle cosche crotonesi finite nell’indagine, progettando iniziative imprenditoriali comuni. Nello specifico, le cosche Mannolo e Trapasso avevano impiantato un lucroso traffico di stupefacenti, anche con la complicità di trafficanti albanesi, minato, attraverso attività estorsive, la libera concorrenza nella esecuzione di lavori edili, nonché attivandosi a favore di soggetti candidati alle elezioni amministrative locali nella tornata elettorale precedente a quella del 2019, anche se non risultano indagati elementi esterni alla cosca per questi motivi. I crotonesi, a cui viene contestata anche la detenzione di armi, avevano inquinato il tessuto economico attraverso la predisposizione di società, spesso intestate a prestanome o soggetti inesistenti, in grado di offrire prodotti illeciti (in primis fatture per operazione inesistenti) a favore di compiacenti imprenditori: business, quest’ultimo, che ha visto il coinvolgimento anche di soggetti contigui alla ‘ndrangheta vibonese dei Mancuso e che ha consentito al sodalizio di lucrare cospicui guadagni attraverso sofisticate truffe in danno di diversi istituti di credito e complesse operazioni di riciclaggio del denaro di provenienza delittuosa. Numerose, quindi, le società sequestrate in Umbria, Lazio e Lombardia attraverso le quali l’organizzazione criminale realizzava i citati reati economico finanziari. Tra queste, anche la società Anghiari residence s.r.l. di Arezzo – già oggetto di sequestro di prevenzione disposto dal Tribunale di Latina – nella reale disponibilità dei fratelli Crupi e della consorteria criminosa sidernese.

 

 

‘Ndrangheta: Dda Reggio, boss comunicano ordini dal carcere
“I boss della ‘ndrangheta continuano controllare i propri affari anche se detenuti in carcere, comunicando continuamente con l’esterno”. A svelare questo drammatico riscontro è stato il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, spiegando che a riferire questi retroscena è stato “il collaboratore campano Cipriano D’Alessandro, ex componente dei Casalesi, sentito dalla Procura di Reggio Calabria nell’ambito di alcune indagini”. Lombardo ha reso noto questi elementi nel corso della conferenza stampa che si è svolta oggi a Catanzaro per presentare i risultati delle operazioni “Infection” e “Core Business” portate a termine dalla Polizia di Stato tra la Calabria e l’Umbria. D’Alessandro è stato detenuto in carcere sia con Cosimo Commisso, al centro dell’indagine odierna, sia con un altro boss calabrese, Giuseppe De Stefano, ed avrebbe permesso di “acquisire informazioni sulla inidoneità del regime carcerario – ha detto Lombardo – consentendo alla ‘ndrangheta di proseguire il controllo e continuando a comunicare con l’esterno”.

 

 

‘Ndrangheta: Gratteri, ricchezza investita da Roma in su
“Siamo riusciti a coordinare bene e rinvigorire l’asse tra le Procure di Catanzaro e Reggio Calabria che è molto importante. L’indagine ha coinvolto tre squadre Mobili, Catanzaro, Reggio Calabria e Perugia, confermando la ricchezza della ‘ndrangheta che investe da Roma in su”. Lo ha detto il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, commentando le operazioni “Infection” e “Core Business”, contro gli affari della ‘ndrangheta in Umbria. Nel corso della conferenza stampa che si è svolta a Catanzaro, anche il procuratore di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, ha sottolineato “l’importanza delle indagini” e il “ruolo della famiglia Commisso, storicamente una delle principali della ‘ndrangheta”. Nel polifunzionale della Polizia di Stato, alla presenza del questore Amalia Di Ruocco, il procuratore vicario della Dda di Catanzaro, Vincenzo Capomolla, ha ribadito che “anche i professionisti umbri si rivolgevano ai rappresentanti delle cosche calabresi per risolvere i propri problemi”, confermando una presenza capillare sul territorio della malavita, mentre il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, ha aggiunto che “la ‘ndrangheta utilizza modelli espansionistici sia in Italia che all’estero”. Tesi confermate dal capo della squadra Mobile di Perugia, Carmelo Alba, il quale ha aggiunto che “alcuni degli indagati si interessavano alle vicende politiche e amministrative di Perugia durante le precedenti elezioni a quelle tenute nel 2019”.

‘Ndrangheta: operazione tra Umbria e Calabria, 51 indagati
Sono 27 le persone raggiunte da un provvedimento cautelare nell’ambito delle operazioni “Infection” e “Core Business”, condotte dalla Polizia di Stato contro gli affari della ‘ndrangheta in Umbria. Complessivamente 51 i nomi finiti sul registro degli indagati. La custodia cautelare in carcere è stata disposta dal giudice per le indagini preliminari di Catanzaro, Paola Ciriaco, nei confronti di: Giuseppe Benincasa, 66 anni, nato a Cerenzia (Kr) e residente a Perugia; Calli Illirjan 42, albanese domiciliato a Umbertide (Pg); Arapi Scherif, 29, albanese residente a Bastia Umbra; Mario Cicerone, 62, residente a Rieti; Fabrizio Conti, 45, residente a Perugia; Mario De Bonis, 60, residente a Roma; Antonio De Franco, 53, nato a Cirò Marina (Kr) e residente ad Assisi; Mario Falcone, 65, di San Leonardo di Cutro; Luigi Giappichini, 47, residente a Perugia; Giuseppe Mannolo, 26, residente a Cutro; Pasquale Nicola Profiti, 55, nato a Vibo Valentia e domiciliato a Monza; Antonio Ribecco, 58, nato a Cutro e residente a Perugia; Francesco Ribecco, 53, nato a Cutro e residente a Suzzana (Mn); Natale Ribecco, 30, nato a Catanzaro e residente a Perugia; Francesco Procopio, 51, residente a Fieri di Belcastro; Giovanni Rizzuti, 45, di Petronà; Emiliano Regni, 31, di Perugia; Pietro Scerbo, 62, di San Leonardo di Cutro; Francesco Valentini, 44, residente a Cannara (Pg); Leonardo Zoffreo, 49, di Cutro. Agli arresti domiciliari: Antonio Costantino, 37, di Isola Capo Rizzuto; Giuseppe Costantino, 42, di Isola Capo Rizzuto, ed Emanuele Regni, 40, di Perugia. Il Gip della Procura di Reggio Calabria ha, invece, disposto il carcere nei confronti di Cosimo Commisso; Francesco Commisso; Antonio Rodà; Giuseppe Minnici. Le indagini sono state seguite dalle Procure distrettuali di Catanzaro e Reggio Calabria con i sostituti Antonio De Barnardo, Paolo Sirleo e Domenico Guarascio per Catanzaro, e Simona Ferraiuolo e Giovanni Calamita per Reggio Calabria.