Mafie: Marziale, “No ai videogiochi in cui i boss sono eroi”

Reggio Calabria  – “Nel Paese dove la mafia contende quotidianamente il potere del controllo allo Stato, dove uomini delle istituzioni sono stati massacrati senza alcuna pietà, dove la fascinazione criminale coinvolge chissà quanti giovanissimi, come soluzione ai problemi di disoccupazione e accumulo di ricchezza, dove magistrati e forze di polizia combattono per tentare di drenarne la diffusione, si accetta però senza batter ciglio che social network come Facebook veicolino promozioni di videogiochi che palestrano a “sviluppare il clan e diventare un vero Padrino”, si noti con la “P” maiuscola. Tutto ciò è vergognoso”. E’ quanto dichiara il sociologo Antonio Marziale, presidente dell’Osservatorio sui Diritti dei Minori, estensore del Codice Internet & Minori, riferimento legislativo varato dall’ex ministro delle comunicazioni Maurizio Gasparri, e Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza della Regione Calabria.
“Nessun magistrato se ne è accorto? Nessun uomo delle forze di polizia? Non ci credo – dice – così come non credo che in nome di non si capisce quale libertà di pensiero bisogna lasciare che ciò si perpetui nel tempo senza valutarne le conseguenze. I giochi innocenti per bambini deficienti, tanto per parafrasare un comune detto – spiega il sociologo – sono in disuso da tempo. Erano quelli artigianali. Con l’avvento della tecnologia i bambini hanno finito di fantasticare e si ritrovano a giocare non più da protagonisti, ma da meri esecutori delle istruzioni per l’uso, e giocando imparano. Giocare a diventare “Padrino” ha sostituito il gioco a fare il poliziotto e sugli effetti dei videogiochi sul piano emotivo e pedagogico non c’è bisogno che io aggiunga alcunché, perché ormai la scienza ha finanche esaurito le argomentazioni, che evidentemente non sono state in alcun modo recepite, nemmeno da uno Stato disattento verso ciò che sta pericolosamente accadendo”.
Per il Garante calabrese, “Zorro è morto e Don Corleone è risuscitato, e se magari si intendono studiare le ricadute anche sociali, si venga in Calabria o in zone dove la malavita spadroneggia, si parli con i giovanissimi che, per gioco, si sono attribuiti i nomignoli degli eroi di Gomorra. Ne conosco tantissimi”.