Nella notte di Halloween de André strega il Politeama di Catanzaro

Catanzaro – (di Giovanni Mazzei)- A salire ieri sera sul palco del teatro Politeama di Catanzaro per il quarto appuntamento concertistico del Festival d’Autunno è stato Cristiano De André, con il suo spettacolo “De André canta De André. Storia di un impiegato”. Non teme oramai l’etichetta di figlio d’arte Cristiano, anzi,abbandona – per questo spettacolo – il proprio repertorio per riprodurre i successi senza tempo del padre Fabrizio, al quale lo accomuna una fisicità simile e un timbro vocale alquanto assimilabile a quello paterno.
Il Politeama è tutto gremito, il teatro catanzarese fa registrare il sold-out per il cantore della vecchia Zena, per il polistrumentista Cristiano De André, un vero è proprio tripudio per il figlio di Faber.
Come si può evincere dallo stesso titolo dello spettacolo, nella prima parte del concerto Cristiano esegue integralmente il disco paterno “Storia di un impiegato”: uno dei dischi maggiormente politicizzato di De André padre, un disco del ‘73 ma attualissimo per tematiche, le quali vengono ancora di più attualizzare dalle sonorità rock dei nuovi arrangiamenti.

Lo spettacolo si snoda, infatti, in una sorta di opera rock dove le immagini proiettate e le luci si compenetrano per un effetto scenico straordinario.
Brani come Canzone di maggio, Il bombarolo, Verranno a chiederti del nostro amore sono stati rinnovati con inserti di elettronica e rock. Mentre queste sonorità atipiche si occupavano di scortare parole scritte ormai 46 anni fa (ma molto più calzanti all’attualità contemporanea dei brani odierni) uno spettacolo parallelo veniva proiettato sulla scenografia. Lo spettatore si è ritrovato con le orecchie ammaliate dalla musica e gli occhi affascinati, quai incatenatati e costretti a guardare come nella “cura ludovico” di kubrickiana memoria delle immagini di guerriglia urbana, di protesta giovanile, o ancora scene tratte dalla Nouvelle Vague francese, tratte da A bout de souffle di Jean Luc Godard, i volti di Janis Joplin, Pierpaolo Pasolini, Andy Wharol mentre vien suonata Al ballo mascherato,per finire con la scena finale di Zabriskie Point del grandissimo Micelangelo Antonioni.
Un disco, “Storia di un impiegato”, che racconta la disaffezione alla politica: un impiegato che tenta di sconfiggere il potere divenendo però a sua volta potere.
“La sintesi – spiega Cristiano De André – è che il potere non è mai buono perché ha bisogno sempre di soggiogare l’altro. L’Arte è una via di fuga, un’anarchia intellettuale che è condizione dello spirito, un fare qualcosa per gli altri senza aspettarsi nulla in cambio. Questo è il segreto per essere felici”.
“I testi di mio padre in questa nuova veste – continua Cristiano – consentono di alimentare la nostra anima. Queste parole avevano l’intento di risvegliare le coscienze e ci riescono ancor oggi! Portando i testi di mio padre mi sento un sacerdote atipico, considero infatti questi concerti una messa laica”.
E dopo ciò chiede a tutto il pubblico di scambiarsi un segno di pace, non una stretta di mano ma darsi il cinque: un laico scambio di pace.

Lo spettacolo ha poi continuato con l’esecuzione di alcuni dei più grandi brani di Faber: A cimma, Mègu mègun, Don Raffaé, La domenica delle salme.
Un concerto coinvolgente che ha messo in mostra le capacità musicali dei vari strumentisti e dello stesso De André, il quale più volte è passato con maestria dalla chitarra al mandolino e spesse volte al violino.
E via ancora con il resto della scaletta: Smisurata preghiera, Khorakanhe – a forza di essere vento, Disamistade, Il testamento di Tito, Amore che vieni amore che vai, Quello che non ho, Fiume Sand Creek, Creuza de mäe Il pescatore.
Due ore di concerto che sono al fine culminati in una infinita serie di applausi e una dovutissima standig ovation da parte di ogni settore del Politeama.