Emozioni, viaggio tra le canzoni di Mogol e Battisti al Politeama

Catanzaro – (di Giovanni Mazzei) – “Tu chiamale se vuoi emozioni…”, e di emozioni ve ne sono state veramente tante ieri al Politeama di Catanzaro, per l’ultimo concerto del Festival d’Autunno firmato Antonietta Santacroce, e intitolato – per l’appunto: “Emozioni. Viaggio tra le canzoni di Mogol e Battisti”.
Non possono non nascere emozioni quando sul palco viene ricordato un artista e un interprete del calibro di Lucio Battisti, che ha saputo trasformare – cristallizzandole per sempre – le sue canzoni in devozionali icone di fede, alle quali sempre rivolgersi nei momenti più angusti della nostra vita.
Se su quello stesso palco, poi, vi è anche il Dante Alighieri della musica leggera italiana, un autore talmente noto da essere celebre quanto lo stesso interprete dei suoi brani, è facile dedurre che lo strabìlio alchemico è stato sommamente raggiunto.

Mogol, noto nei documenti ufficiali come Giulio Rapetti, sollecitato dal giornalista Marcello Barillà, ha proposto al pubblico calabrese (fra i quali si registra anche la presenza del presidente della Regione Calabria Mario Oliverio) una serie di aneddoti, spiegazioni e racconti, circa la genesi e l’esegesi dei suoi stessi testi, facendo correre indietro la memoria fino ad alcuni amori adolescenziali che hanno commosso e divertito l’intero Politeama.
Mettiamo, inoltre, il talento di Gianmarco Carroccia, cantante dalla voce molto simile a quella del cantautore di Poggio Bustone, che da anni si dedica allo studio di questo repertorio dandone una interpretazione perfetta, che con la grazia di un trapezista ha saputo balzare, con funamboliche acrobazie vocali, da un brano all’altro di quella immensa costellazione musicale che è Lucio Battisti. E come le tante stelle del firmamento, una moltitudine di flash si accende in platea – miriade di lucciole, intente in un’ordinata pazza danza – luci alla perenne ricerca di una risposta a una domanda che, come un mantra, instilla nelle nostre vite forza e speranza: “come può uno scoglio arginare il mare?”.

Non si argina il mare, e neanche la magia dei pezzi di Battisti, dai più celebri come “10 ragazze”, “Il mio canto libero”, “La canzone del sole”, ai meno noti “Il patto” e “Il profumo del mare”, composti da Mogol insieme a Gianni Bella, il quale vien definito dallo stesso autore milanese “un genio!”.
“La collina dei ciliegi”, “I giardini di Marzo”, e poi ancora “Anima Latina”, la quale ha messo maggiormente in evidenza il talento dei sedici orchestrali che hanno per tutta la serata, superbamente intarsiato le proprie note con la voce di Carroccia.
Un oceano in perpetuo movimento, questo sembrava il pubblico del teatro catanzarese, un perpetuo moto di adrenalina ed emozione, un perpetuo coro che ha accompagnato ogni parola di ogni singola canzone, un inno sacro quasi, che veniva innalzato “sopra boschi di braccia tese”, che veniva elevato per giungere sino alle orecchie del mai dimenticato e sempre rimpianto Lucio Battisti, arrivando con forza lassù dove l’aria è più pura, ove vi sono “brezze che dilagano su terre senza limiti e confini”, laddove, noi “figli dell’immensità”, “ci allontaniamo e poi ci ritroviamo più vicini”.