Sud:Confindustria-Cerved, Pmi,lenta ripresa ma conto crisi salato

confindustria-03-07-315
Bari –  Si rafforzano i segnali positivi dalle piccole e medie imprese del Sud: i livelli pre-crisi sono ancora lontani, ma la ripartenza sembra avviata. Questo, in estrema sintesi, quanto emerge dal rapporto Confindustria Cerved su Pmi e Mezzogiorno in cui ,inoltre, si sottolinea come per consolidare la ripartenza servano investimenti e finanza.                                                                                                                                     Nel 2014 l’emorragia di Pmi si e’ fermata a livello nazionale, ma e’ proseguita al Sud e nelle Isole, con altre 2 mila Pmi di capitali uscite dal mercato. Non sono mancati pero’ i segnali positivi: nel 2015 calano con tassi a due cifre le chiusure di impresa, e 30.000 nuove imprese, spesso innovative, anche se in gran parte di piccolissime dimensioni, sono nate. Il processo di selezione ha fatto uscire le imprese fragili e rafforzato le altre, consolidando un sistema di Pmi piu’ ridotto ma piu’ solido. Le previsioni per i prossimi anni sono positive: nel 2016 e nel 2017, infatti, e’ attesa una crescita di fatturato e redditivita’ delle Pmi meridionali e un calo delle sofferenze, ma e’ ancora lento il miglioramento del rapporto tra debiti finanziari e capitale netto. Il risultato di questi anni diffcili e’ un tessuto imprenditoriale in fase di transizione ma piu’ robusto: il clima economico e’ piu’ sereno, ma alcune criticita’, interne ed esterne, ne possono offuscare l’orizzonte. I livelli pre-crisi sono ancora lontani, ma la ripartenza sembra avviata.  La crisi economico-finanziaria sembra aver terminato la propria corsa e anche le imprese meridionali, pur tra molte incognite, vedono consolidare quei segnali di ripartenza gia’ delineati nel Rapporto dello scorso anno. La frammentazione si conferma l’elemento peculiare del tessuto imprenditoriale meridionale: su un totale di 1 milione e 600 mila imprese attive, l’89,9% non supera i 9 addetti; le societa’ di capitali sono 270 mila, anch’esse per lo piu’ di piccolissima dimensione: 25 mila sono le societa’ con i requisiti europei di Pmi (10 – 250 dipendenti, e fatturato compreso tra 2 e 50 milioni di euro). Il rapporto conferma le caratteristiche costitutive di questo tessuto: imprese di piccole dimensioni, con una presenza dell’industria inferiore alla media nazionale, in cui resta alta la natalita’ imprenditoriale, la quale, tuttavia, non e’ stata ancora in grado di rimpiazzare la capacita’ produttiva andata distrutta con la crisi con una nuova generazione di imprese di dimensioni altrettanto significative.
E’ vero, pero’, che anche al Sud la crisi ha svolto un evidente ruolo di selezione, portando all’uscita dal mercato le imprese economicamente e finanziariamente piu’ deboli. Contemporaneamente, le imprese “sopravvissute” hanno dovuto intraprendere un percorso spesso faticoso di ristrutturazione che, seppure con intensita’ diverse su base regionale e settoriale, ha condotto ad un miglioramento complessivo della competitivita’ delle imprese meridionali: migliorano bilanci; crescono fatturato, margini e redditivita’; migliora la patrimonializzazione delle Pmi. Al Sud ci sono dunque imprese piu’ competitive cui si affiancano numerose nuove imprese, molte delle quali possono considerarsi a tutti gli effetti innovative.Si riducono le Pmi che hanno avviato procedure di chiusura ed in particolare i fallimenti fanno registrare la prima decisa inversione di tendenza dal 2007 (-23% tra 2014 e 2015). La ripartenza interessa, con livelli di intensita’ differenziati, le PMI di tutte le regioni meridionali, trainate da Campania e Puglia, che (non a caso) sono le due regioni in cui gli investimenti delle imprese si situano su livelli superiori alla stessa media nazionale. Anche Calabria, Sardegna e Sicilia, che nel Rapporto 2015 mostravano ancora difficolta’ diffuse, sembrano ripartite, seppure su basi meno solide rispetto alle altre regioni meridionali, e con permanenti difficolta’ nell’acceso al credito, e nei tempi di pagamento.                                                                           L’elevata dipendenza dalle banche per ottenere liquidita’ resta uno dei principali motivi di tale vulnerabilita’: la dinamica dei tassi di ingresso in sofferenza sembra, tuttavia, essersi arrestata al 5,1%, (2 punti piu’ della media nazionale), e le previsioni per i prossimi anni indicano un’ulteriore riduzione (4% nel 2017). La probabilita’ di default rimane significativamente maggiore tra le Pmi piu’ dipendenti dalle banche. Secondo Confindustria e Cerved, sia pure con ritmi piu’ bassi della media nazionale, le Pmi meridionali dovrebbero veder crescere, nel 2016, sia il proprio fatturato (+2,8%) sia il proprio valore aggiunto (+4,1%). Analogo miglioramento dovrebbero vedere i margini (MOL +6,7%) e la redditivita’ del capitale investito (ROE 6,4% dal 5,6% del 2013). Una tendenza al miglioramento dei principali indicatori economici, che dovrebbe continuare anche nel 2017. Piu’ contenuto e’ il miglioramento previsto dei debiti finanziari rispetto al capitale netto: segno che la partita della crescita per le PMI meridionali continua a giocarsi proprio sul versante finanziario. L’avvio dell’operativita’ del credito d’imposta per gli investimenti, l’apertura dei primi bandi dei fondi strutturali 2014-20, l’ampia diffusione degli strumenti di ingegneria finanziaria (nazionali ed europei), un uso del Fondo Sviluppo e Coesione 2014-20 effettivamente orientato dalle “Strategie di Specializzazione Intelligente”, il preannunciato provvedimento “Finanza per la crescita”, secondo il rapporto, costituiscono in questo senso occasioni concrete da sfruttare appieno, per il Mezzogiorno e per l’intero Paese.