Lavoro: Censis, per oltre 6 giovani su 10 e’ la fine di un sogno

Roma – Il lavoro e’ ancora centrale nell’orizzonte ‘identitario’ e di senso dei giovani in Italia ma oltre otto su dieci vivono la ricerca di un’occupazione con sfiducia e per oltre 6 su dieci rappresenta la fine di un sogno. Inoltre, quasi il 50% attribuisce la colpa dell’elevata disoccupazione allo spostamento dell’eta’ pensionabile. Questi i principali risultati del rapporto di ricerca “Il lavoro consapevole”, realizzato dal Censis in collaborazione con Jobsinaction e Assolavoro. Ha introdotto il tema la promotrice dell’iniziativa, Annamaria Parente (capogruppo Pd in Commissione Lavoro, promotrice Jobsinaction) e ha presentato la ricerca Marco Baldi (responsabile Area Economia e Territorio del Censis). Ne hanno discusso Giuseppe De Rita (Presidente Censis), Marina Sereni (vicepresidente della Camera dei deputati), Stefano Scabbio (presidente di Assolavoro), Valeria Fedeli (ministro dell’Istruzione), Alessio Rossi (presidente Giovani Imprenditori Confindustria) e Gianlugi Petteni (segretario confederale responsabile del Dipartimento Lavoro Formazione Contrattazione Cisl).
Il lavoro rimane saldamente al centro dell’interesse dei giovani, sfatando cosi’ alcune interpretazioni che ne intravedono la progressiva relativizzazione nell’universo progettuale delle giovani generazioni. Molto elevate le percentuali di coloro che dichiarano di seguire il dibattito sul tema, quali che siano le sue forme e comunque venga veicolato (88,6% del totale). Un lavoro in linea con le aspirazioni soggettive viene messo al primo posto tra i fattori in grado di determinare la felicita’ individuale. Il “lavoro negato”, ossia la disoccupazione protratta nel tempo, viene indicata come la piu’ importante delle ingiustizie sociali (30,1% delle risposte), superiore per gravita’ ai divari di reddito (24,5%), di accesso alla casa (18,3%) e ai servizi di base come la sanita’ o la scuola (17,4%). Non a caso, mentre e’ diffusa la convinzione che le istituzioni dovrebbero mettere in campo tutte le risorse e tutta la progettualita’ possibile per garantire un lavoro a tutti (79,5%), l’opzione di un reddito di cittadinanza ottiene molti meno consensi (17,4%).

Il momento della ricerca attiva di un’occupazione viene fatto coincidere con una fase depressiva della vita dei giovani, o comunque di forte preoccupazione. Condivide questa tesi l’82,9% degli intervistati e il 66,2% parla della “fine di un sogno”. Pochi sono i giovani che pensano possa essere vissuta con entusiasmo per la prospettiva di un’autonomia economica dalla famiglia di origine. In ogni caso, la “porta stretta” per trovare un lavoro viene individuata nella disponibilita’ a “far fatica” (67,9%), nella forte determinazione individuale (66%), e nell’aggiornamento continuo delle proprie competenze (60,3%). Meno importanti vengono invece considerati sia il diploma di laurea (28,3%) che le competenze specialistiche in determinati settori (33,6%). In pratica, si riscontra una notevole presa d’atto della rilevanza delle competenze trasversali (“soft skills”), quelle qualita’ personali e quegli atteggiamenti verso il lavoro che possono risultare efficaci durante il percorso di ricerca o di primo contatto e che comunque le aziende mostrano di apprezzare.
I giovani hanno consapevolezza di come il lavoro sia cambiato, sia per la presenza di quote importanti di giovani disoccupati, sia per la “frammentazione” dei percorsi lavorativi. Elevata la disponibilita’ dei giovani disoccupati – e in parte anche degli inattivi – a valutare con interesse offerte di lavoro anche se a carattere discontinuo, a tempo, intermittente. L’89,9% accetterebbe un lavoro non inerente ai propri studi; l’83,5% accetterebbe lavori estemporanei o discontinui; il 69,1% accetterebbe lavori pesanti. Notevole anche la disponibilita’ a coinvolgersi in percorsi di formazione/qualificazione professionale (77,7%). Sono tanti, tra i giovani che lavorano, quelli che ammettono il totale disallineamento tra le competenze scolastico-formative di cui dispongono e il tipo di lavoro che svolgono (il 26,9% del totale). Addirittura arrivano al 49,5% includendo coloro che dichiarano un utilizzo “molto parziale” delle proprie competenze. In parte questo e’ riferibile ai fenomeni dell’over-education e dell’over-skilling, presenti soprattutto nell’universo dei laureati. Bisogna comunque considerare, accanto alla quota importante di laureati impegnati in ruoli impiegatizi, quella di giovani diplomati che svolgono lavori meramente esecutivi (28,2%).
Il lavoro e’ al centro dell’interesse, ma la conoscenza di dettaglio delle procedure per l’accesso, dei meccanismi a sostegno dell’incontro tra domanda e offerta, delle nuove policies settoriali, non e’ ancora sufficientemente sedimentata. I giovani sono informati su tutto cio’ che viene quotidianamente metabolizzato dal dibattito politico, come ad esempio il tema dei voucher, ma solo il 30,5% ha idea di cosa siano le “politiche attive” per il lavoro. E’ evidente l’importanza di allargare la consapevolezza e la conoscenza dei processi e delle opportunita’ oggi in essere attraverso azioni di comunicazione a largo spettro.

 

I giovani italiani hanno pochi dubbi sulle cause dell’elevata disoccupazione: le maggior parte delle colpe sono al di fuori del loro perimetro di responsabilita’. Il primo motivo che individuano e’ lo spostamento dell’eta’ pensionabile (46,3% delle risposte). Il secondo motivo e’ il mancato funzionamento dei meccanismi di incontro tra domanda e offerta (38,8%). Inoltre o giovani sottolineano la rilevanza delle politiche attive per il lavoro, pur non conoscendo esattamente il funzionamento. Nella “ricetta” per affrontare il problema i giovani inseriscono ai primi posti due ingredienti molto diversi tra loro: da un lato il sostegno alle vocazioni imprenditoriali attraverso il finanziamento delle start up innovative (34,6%); dall’altro una auspicata ripresa del turn-over nel pubblico impiego (32,9%). “La restituzione di fiducia in chi cerca un’occupazione per la prima volta o in chi si trova nella condizione di doversi ricollocare e’ un atto dovuto e un dovere istituzionale” ha dichiarato la senatrice Annamaria Parente, capogruppo Pd in Commissione Lavoro e promotrice di Jobsinaction. Parente nel corso del suo intervento ha lanciato poi due proposte: “Jobsinaction nei prossimi mesi si impegnera’ in una campagna di diffusione e divulgazione su tutto il territorio nazionale con l’obiettivo di promuovere le nuove politiche attive per il lavoro, per far fronte a quanto emerso nell’indagine”. Infine Parente ha invitato il ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli, a “costituire di concerto con il Ministero del Lavoro, un progetto, che coinvolga anche gli enti e le associazioni di categoria, dedicato all’ingresso al lavoro dei giovani nelle aziende del digitale”.