Chimera: gli intrecci dei “Cerra-Torcasio-Gualtieri” con le ‘ndrine calabresi

Chimera_Conferenza_600x400
di Stefania Cugnetto

– Lamezia Terme – Se le operazioni “Medusa” e “Perseo” hanno raccontato gli scenari della cosca Giampà, portando tutti a conoscenza non solo dell’organigramma del clan, ma di tutti i fatti delittuosi e degli innumerevoli retroscena, il fascicolo dell’operazione “Chimera” non è da meno. La storia criminale della famiglia “Cerra-Torcasio–Gualtieri” è ricca di colpi di scena, e soprattutto non si ferma nei confini della città di Lamezia. Il clan di “Capizzaglie”, ha un solo pentito tra i suoi affiliati, ma ciò non toglie che collaboratori di giustizia appartenenti ad altre famiglie mafiose non possano aver rivelato informazioni sulla cosca. Così è avvenuto per quanto riguarda le dichiarazioni del pentito Maurizio Maviglia, di Africo, legato alla cosca dei Morabito. Maviglia, ha raccontato nel verbale del 12 marzo 2014, i suoi compiti all’interno della cosca reggina, e tra questi vi era il traffico di stupefacenti e di armi. “A partire dall’anno 2000 fino al 2005, tramite Rocco Anello di Filadelfia ho avuto contatti con esponenti delle famiglie Torcasio e Gualtieri di Lamezia”. I rapporti a cui il collaboratore ha fatto riferimento durante il corso di quell’interrogatorio erano proprio per lo spaccio di stupefacenti “ho intrattenuto rapporti relativi alla fornitura di sostanze stupefacenti del tipo eroina e cocaina, ed anche per quanto riguarda la fornitura di armi. Gli affari illeciti coinvolgevano da una parte la famiglia “Torcasio e Gualtieri”, che avevano come intermediari i fratelli “Rocco e Tommaso Anello, che a loro volta contattavano me e un altro soggetto di Africo che agivamo per conto della cosca Morabito”. Un racconto che include tre famiglie di ‘ndrangheta, uno spaccio di droga che copriva tutta la ragione Calabria. Lo scambio di stupefacente, secondo Maviglia, “avveniva presso l’abitazione di Rocco Anello, con la presenza dei fratelli Cesare e Antonio Gualtieri, che reputavano Rocco Anello uomo di fiducia”. Il collaboratore ha affermato anche che “le armi e i soldi che abbiamo ricevuto da Rocco Anello riguardo alla fornitura delle sostanze stupefacenti, provenivano da lamezia Terme, nello specifico dalle famiglie Torcasio e Gualtieri”. Il Maviglia era dunque il corriere e veniva, secondo il suo racconto, pagato direttamente da Rocco Anello e dai fratelli Gualtieri, che a loro volta dividevano la sostanza, inoltre“i fratelli Cesare ed Antonio dissero che avrebbero rifornito immediatamente i loro ragazzi per il successivo spaccio, tra i quali mi ricordo che hanno menzionato con entusiasmo , perché soggetto di fiducia, un certo Crapella”. Ma non solo spaccio, il Maviglia ha raccontato anche che i fratelli Gualtieri, chiesero tramite Anello, di rintracciare un “uomo abile con le armi, in quanto dovevano eliminare due persone”. La cosca Morabito individuò l’uomo che poi fu utilizzato per due omicidi ordinati dalla cosca “Torcasio-Gualtieri” per ricevere un corrispettivo di “300milioni di lire in contanti”. Scambio di droga, di omicidi ma anche di favori importanti tra le ‘ndrine calabresi, Maviglia ha raccontato anche che la famiglia Torcasio-Gualtieri “favorì la latitanza per circa 11 mesi di Rocco Morabito, detto “u tamunga”, ospitandolo in un villaggio turistico del territorio lametino”. Questo avvenne, secondo il collaboratore, tra il 2003 e il 2004. Maviglia durante l’interrogatorio del marzo 2014 ha riconosciuto fotograficamente, oltre ai fratelli Cesare ed Antonio Gualtieri, anche la loro madre che a detta del collaboratore “portava imbasciate all’interno del carcere da parte degli altri affiliati”. Di Antonio Gualtieri, inoltre, il collaboratore ha riferito “dimostrava un attaccamento morboso alla famiglia Torcasio per la quale diceva avrebbe rischiata la sua incolumità fisica”. Maviglia e Cesare Gualtieri, invece, trascorsero insieme un periodo di detenzione presso il carcere minorile di Catanzaro, nel 1996, durante il quale Cesare Gualtieri raccontò a Maviglia di essere “un esponente di spicco della sua famiglia, e di aver compiuto rapine ed estorsioni”.