Le riunioni segrete a casa del boss Nino Cerra
Un uomo arrivò da Milano per parlare di lavori da eseguire al nord e di un sequestro di persona
Lamezia Terme – La cosca “Cerra-Torcasio-Gualtieri”, oltre ad essere governata da “donna Teresina Cerra”, era gestita dal fratello Nino, 66 anni ( detto “il vecchio” e “Zu’ Nino”) e indicato come il capo carismatico del clan mafioso dei “Cerra-Torcasio-Gualtieri”. Un dato che emerge dagli atti di “Chimera”, l’ultima operazione antimafia messa a segno dalla Direzione distrettuale antimafia grazie al prezioso lavoro investigativo svolto dai Carabinieri del Comando provinciale di Catanzaro e della Compagnia lametina.
Nino Cerra, unico superstite dell’antica triade al vertice della cosca unitaria “Cerra-Torcasio-Giampà”, secondo quanto si legge negli atti, è ancora uno dei capi dell’omonima cosca, soggetto capace «di mantenere contatti con altri esponenti dalla ‘ndrangheta calabrese con ramificazioni anche al Nord». Un dato che si ricava dalla visione del fascicolo principale del procedimento giudiziario “Chimera”.
Nello sfogliare le pagine si scopre, infatti, una dettagliata informativa, dove viene, messo in evidenza come Cerra, scarcerato nell’anno 2005, a seguito di un lungo periodo di detenzione, mantenesse ancora i contatti con personaggi di spicco del mondo criminale calabrese, accogliendoli nella sua abitazione di Via dei Bizantini, come ha raccontato il collaboratore di giustizia Umberto Egidio Muraca, un tempo aggregato alla cosca “Cerra-Torcasio-Gualtieri”.
In particolare, Muraca ha riferito che era a conoscenza che «un personaggio di Milano, appartenente alle famiglie Trimboli – Barbaro – Papalia, in un recente passato ebbe a presenziare ad una riunione nell’abitazione di Nino Cerra (classe 48), allorquando questi scendeva da Milano». Il soggetto della città capoluogo di regione della Lombardia fu preso all’aeroporto di Lamezia e condotto nell’abitazione del Cerra, dove secondo quanto ha riferito dallo stesso collaboratore di giustizia, in quella riunione si parlò «di lavori che la cosca Cerra-Torcasio doveva eseguire a Milano ed anche un sequestro di persona».
Un dato confermato anche da alcune immagini. Infatti, l’arrivo dell’esponente appartenente alla famiglia “Triboli – Barbaro – Papalia”, è stato ripreso e fotografato da un gruppo di investigatori dell’Arma dei Carabinieri che in quel periodo tenevano appunto sotto controllo la casa di Nino Cerra. “L’ospite” arrivò a bordo di una Alfa Romeo 156 Sport Wagon di colore blu scuro. Il suo arrivo fu immortalato da alcune immagini, sia nella fase in cui sbarcò nello scalo lametino sia quando arrivò in Via de Bizantini per presenziare all’incontro.
Cerra, che da quando tornò nella sua abitazione dopo un periodo di detenzione, non usciva di casa perché temeva di essere ucciso come riferisce un collaboratore di giustizia, secondo gli istigatori era, come scrive il giudice delle indagini preliminari che ha emesso il provvedimento restrittivo, promotore/direttore/organizzatore, unitamente a Vincenzo Torcasio (classe 1980), al nipote Pasquale Torcasio (classe 1969), a Antonio Gualtieri e a Cesare Gualtieri (classe 1978), capace di mantenere rapporti con altre famiglie di ‘ndrangheta calabrese».
Nella sua abitazione si svolgevano, inoltre, le riunioni per «un consulto di famiglia», anche se negli ultimi tempi Cerra, come ha riferito il collaboratore Muraca, «aveva deciso di agire per proprio conto con i nipoti e di abbandonare i Torcasio e i Gualtieri», nonostante fosse considerato «il capo indiscusso della cosca, anche per il grado rivestito dallo stesso che è quello della Santa», quindi in grado di «gestire gli affari della propria organizzazioni mafiosa e assumendo decisioni circa l’orientamento degli affiliati nella perpetrazione indiscriminata di atti intimidatori con finalità estorsive in danno degli imprenditori lametini».
E sempre secondo quando emerge dagli atti Nino Cerra «in ragione del ruolo attivo e decisionale ricoperto dal medesimo nell’ambito dell’associazione di appartenenza, inoltre, beneficiava di profitti ingiusti derivanti dal metodo estorsivo tipico della cosca, consistente nel godimento di cessioni di merci presso i vari commercianti del lametino a titolo gratuito e/o usufruendo di scontistica privilegiata in ragione del solo ‘nome’ vantato e proclamato, riconosciuto appartenente alla famiglia mafiosa dei Cerra-Torcasio-Gualtieri».
Insomma, un fascicolo ricco di informazioni, quello relativo al procedimento “Chimera”, che sta aprendo uno squarcio su uno dei clan che ha operato ed opera da anni in città e di cui nessuno, finora, ha avuto notizie e informazioni.