Perseo: Vasile e la cosca

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di Stefania Cugnetto

– Lamezia Terme – Un’udienza dalle lunghe attese, quella di oggi del processo “Perseo”, al tribunale di Lamezia. Si è atteso più di un’ora nell’aula “Garofolo” per la trasmissione di immagini che il collaboratore Guglielmo Capo ha poi dovuto visionare. Capo, l’ex camorrista, che visse per qualche tempo a Lamezia, sotto la protezione della cosca Giampà. Proprio di questo periodo nella città della piana il collaboratore ha raccontato nelle precedenti udienze. L’esame di Capo si è concentrato sulla figura di un certo Andrea, che l’ex camorrista ha definito come “uomo di Vincenzo Giampà”. Nella precedente udienza, però, Capo non ha riconosciuto questo Andrea tra gli imputati, mentre, oggi, visionando le foto , ha riconosciuto l’imputato Andrea Crapella, e l’abitazione della nonna, spiegando “lì accompagnavo Andrea quando ero a Lamezia, lui mi ha detto che era casa della nonna”. Il controesame del collaboratore napoletano è stato condotto dai due difensori di Andrea Crapella, l’avvocato Luca Scaramuzzino e Leopoldo Marchese.

Capo mentre depone

Capo mentre depone

 

Vasile nella fase dell'interrogatorio

Vasile nella fase dell’interrogatorio

L’udienza di oggi ha visto, poi, un secondo collaboratore rispondere alle domande del pubblico ministero. Collegato in videoconferenza è, infatti, intervenuto Francesco Vasile. Molto atteso era il suo esame, l’uomo, affiliato alla cosca Giampà dal 2005/2006, ha partecipato a 7 azioni omicidiarie, di cui è reo confesso, ed un attentato, quello ai danni di Umberto Egidio Muraca. Vasile partecipò a questi omicidi sotto mandato di Giuseppe Giampà , tra i quali, il duplice omicidi  Spena-Vaccaro, Francesco e Vincenzo Torcasio, Nicola Gualtieri, Bruno Cittadino e Giuseppe Chirumbolo. Omicidi dei quali Vasile, si è definito esecutore materiale, o ai quali partecipò come “specchietto” o per il recupero dei killer. Il collaboratore ha spiegato che Giuseppe Giampà e Angelo Torcasio lo tenevamo più lontano possibile dai meccanismi interni alla cosca “loro mi riservano, cioè non mi informavano sempre di tutto”, ha spiegato in aula, ed ha poi aggiunto “anche le armi per gli omicidi io non sapevo da dove venivano, né tutti i moventi che portavano agli omicidi”. Vasile ha affermato che la maggior parte degli omicidi commissionati dalla cosca era per rivalità con la consorteria rivale, quella dei Torcasio-Gualtieri-Cerra, o per il controllo del territorio. Oggi in aula, però, il collaboratore non ha parlato dei molteplici omicidi che portano la sua firma, ma rispondendo alle domande del pubblico ministero, Elio Romano, ha descritto in maniera generica la cosca Giampà e gli affari illeciti da essa compiuti. Il pentito ha descritto il meccanismo delle truffe assicurative, e ha parlato di uno specifico falso incidente in cui lui stesso figurava come “ferito”. Il collaboratore ha detto di essersi recato anche per una “finta visita”, presso l’ospedale di Lamezia, dal dottore Carlo Petronio.

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Altra attività illecita condotta dalla cosca era lo spaccio di droga, e Vasile ha descritto al tribunale tre situazioni in cui lui stesso ha fatto da corriere per la cosca. Il pentito ha spiegato che di aver sempre risposto agli ordini di Giuseppe Giampà, e di aver avuto rapporti diretti anche con Vincenzo Bonaddio e Angelo Torcasio . Proprio sulla collaborazione di quest’ultimo, si sono concentrate le domande del pubblico ministero, Vasile ha spiegato che i due cognati di Torcasio, Vincenzo Perri e Domenico Curcio, avrebbe avvisato la cosca Giampà della decisione del loro affiliato, mettendoli così in guardia.
Si tornerà in aula venerdì prossimo per procedere al controesame di Vasile, per poi iniziare l’esame di un altro collaboratore di giustizia, Francesco Michienzi.