Lamezia Terme – Lunga udienza, quella che si è tenuta oggi dinanzi la Corte di Assise di Catanzaro, nel processo che si sta celebrando nei confronti di Vincenzo Arcieri (difeso dagli Avvocati Aldo Ferraro e Vincenzo Galeota), Antonio Voci (difeso dall’Avvocato Leopoldo Marchese), Giancarlo Chirumbolo (difeso dall’Avvocato Francesco Pagliuso) e Franco Trovato (difeso dall’Avvocato Salvatore Staiano), imputati, rispettivamente, dell’omicidio di Pietro Pulice, di Nicola Gualtieri, Bruno Cittadino e Giuseppe Chirumbolo. Essendo previsto il controesame del collaboratore di giustizia Cappello Saverio, ed avendo a ciò già provveduto l’Avvocato Marchese, ha innanzitutto preso la parola l’Avvocato Staiano, che ha chiesto chiarimento al Cappello in relazione ai rapporti avuti con Franco Trovato, facendo emergere che egli era rimasto vittima di un agguato che sarebbe stato compiuto proprio dai fratelli Trovato, e quindi la parzialità delle sue dichiarazioni visto che egli voleva vendicarsi nei confronti del Franco Trovato. E’ poi intervenuto l’avvocato Pagliuso, dalle cui domande è emerso come Saverio Cappello non conoscesse realmente l’interno dell’abitazione di Vincenzo Bonaddio, presso cui aveva dichiarato di essersi recato più volte, essendosi limitato, il Cappello, a riferire che all’interno vi era una cucina con un tavolo, e al piano superiore delle stanze da letto. Ha poi preso la parola l’Avvocato Aldo Ferraro, nell’interesse di Vincenzo Arcieri, il quale ha puntato l’attenzione sulle contraddizioni presenti tra le dichiarazioni rese da Saverio Cappello a carico di Arcieri nel corso degli interrogatori resi in fase di indagine, e le dichiarazioni rese davanti la Corte di Assise di Catanzaro. E’ così emerso che Vicenzo Arcieri non partecipò alla cosca Giampà, come dichiarato da Saverio Cappello nelle scorse udienze, alleandosi insieme ai Cappello in questa maxi cosca, essendo egli stato destinatario di specifici avvertimenti che Vincenzo Bonaddio gli avrebbe rivolto a rispettare Rosario e Saverio Cappello, in quanto divenuti suoi “compari”, e quindi partecipi della cosca Giampà. Aspetto, questo, dimostrativo della estraneità dell’Arcieri alla cosca Giampà. L’avvocato Ferraro ha poi posto alcune domande al collaboratore in ordine alla dinamica dell’omicidio di Pietro Pulice, facendo emergere delle contraddizioni rispetto alla versione resa in fase investigativa, nonché sui motivi che hanno indotto Cappello Saverio a collaborare con la giustizia, e dalle quali è emerso che è stata decisiva, in tal senso, la collaborazione di Angelo Torcasio(intervenuta qualche mese prima) che avrebbe certamente reso dichiarazioni che avrebbero “incastrato” il Cappello sui fatti omicidiari in cui era coinvolto. Così sistemando, ha stigmatizzato il difensore, 22 componenti del suo nucleo familiare, tutti trasferiti in sito protetto a fronte della scelta compiuta dal loro congiunto.