Perseo: Cosentino, secondo pentito del XXI secolo

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Lamezia Terme –  Oggi è stato ascoltato Battista Cosentino, ultimo collaboratore che ha dovuto rispondere alle domande di accusa e di difesa, raccontando la sua verità.  Cosentino, autista di Pasquale Giampà detto “millelire” , è il secondo dei pentiti  del XXI secolo A  raccontare, per pirmo,   la “storia criminale” del gruppo Giampà è stato Angelo Torcasio. Complessivamente  sono ben  19  i pentiti che in questi ultimi anni hanno ricostruito la storia criminale della città di Lamezia, tra loro donne di mafia, giovani leve, killer, ma anche boss e i suoi vicinissimi. I 19 collaboratori hanno raccontato alla magistratura, anche tra tante “incongruenze, imprecisioni  e non ricordo” , gli anni che hanno insanguinato la città, ricostruendo la storia di famiglie di ‘ndrangheta. Il processo Perseo, che si sta celebrando presso il Tribunale di Lamezia, ha visto sedersi sul banco dei testimoni la maggior parte di questi pentiti, soprattutto quelli legati alla famiglia Giampà, decapitata dalla maxi operazione Medusa e  Perseo.

 

 

 

 

Battista Cosentino si pentì nel 2012, subito dopo il suo arresto nell’ambito dell’operazione “Deja-Vu”, messa a segno dalla sezione criminalità organizzata della Squadra Mobile di Catanzaro, l’uomo venne accusato di tentata estorsione con l’aggravante di aver commesso i reati con l’impiego della metodologia mafiosa, ai danni di due imprenditori.
Battista Cosentino fu arrestato il 20 luglio 2012, insieme ad Angelo Torcasio, detto Porchetta, dopo circa una settimana Torcasio e Cosentino decisero di diventare collaboratori di giustizia. In particolare Cosentino, così come Torcasio, decise di pentirsi perché temeva, come spiegò al sostituto procuratore Elio Romano nel corso dell’interrogatorio del 18 agosto 2012, per la sua incolumità. Temeva di essere ucciso, così come temeva di essere eliminato anche Torcasio. Cosentino ha riferito agli inquirenti com’era organizzato il gruppo criminale di cui faceva parte, svelando, tra le altre cose, «che nel 2010 Giuseppe Giampà aveva programmato di uccidere un imprenditore (omissis)». «In genere – riferisce il pentito – quando la cosca Giampà decide di uccidere qualche imprenditore lo fa perché ritiene che costui possa essere un confidente delle forze di polizia. In passato, quando Pasquale Giampà (detto “mille lire”) era libero le azioni omicidiarie venivano decise da lui stesso insieme a Vincenzo Bonaddio». Solo dopo la spaccatura tra Giuseppe Giampà e Bonaddio, precisava Cosentino, «le decisioni venivano prese dalla commissione composta da Giuseppe Giampà, Maurizio Molinaro, Enzo Giampà e Angelo Torcasio». Il collaboratore di giustizia spiegò inoltre agli inquirenti che «ancora prima della spaccatura con Pasquale Giampà (“mille lire”) detenuto in carcere, le decisioni in ordine alle azioni omicidiarie venivano prese da Giuseppe Giampà e Vincenzo Bonaddio con la presenza in alcuni casi di Saverio Cappello quando costui era libero».
Cosentino ha rivelato anche alcuni particolari sull’omicidio di Vincenzo Torcasio e del figlio Francesco. Il collaboratore pur non sapendo «chi sono stati gli esecutori materiali», riferisce che «il mandante è Giuseppe Giampà, che voleva eliminare i due Torcasio perché erano quelli che prendevano i soldi in giro a titolo di estorsioni; Francesco – aggiunge – si stava anche lanciando con il nuovo gruppo e a volte andavano anche in territori che il Giampà riteneva essere di sua competenza; comunque credo che Angelo Torcasio sappia chi sono stati gli esecutori materiali».
Cosentino, nel verbale illustrativo dei contenuti della sua collaborazione redatto il 9 febbraio 2012 negli uffici della squadra mobile di Salerno, con riferimento all’omicidio di Vincenzo Torcasio (detto o’ Carrà) e del figlio Francesco, riferendo che «qualche giorno prima dei due delitti, fui invitato da Giuseppe Giampà a stare attento per la settimana successiva». Il primo invito, ricorda, «mi fu fatto presso il laboratorio di Angelo un paio di giorni prima dell’omicidio. Il secondo in un locale di via del Progresso con la stessa distanza temporale dal fatto di sangue. Una tale affermaziòne è sicuramente interpretabile nel senso che deve essere compiuto un gesto delittuoso eclatante, proprio in quanto non viene accompagnata da altre spiegazioni, in quanto la gravità di ciò che si sta per compiere impone riservatezza».
«Nel caso dell’omicidio di Vincenzo Torcasio – proseguiva il pentito – c’è un ulteriore particolare. Giampà Giuseppe era sicuramente a conoscenza della presenza, nel campetto dove avvenne il delitto, di Vincenzo Torcasio, in quanto entrambi partecipavano allo stesso torneo, sia pure in squadre differenti e pertanto Giuseppe era in condizioni di sapere quando il secondo sarebbe stato presente, in quanto allenatore di una squadra. Anche io partecipavo allo stesso torneo, in un’altra squadra».
Cosentino comunque non svelò, nel corso della sua collaborazione, solo particolari riferiti agli ultimi periodi, ma anche fatti che risalgono a molti anni fa, in particolare tra il 2002 e il 2003. Nello specifico, rispondendo alla domanda di un sovrintendente della polizia, il pentito ricordò «anche che in quel periodo insieme a C.M. procedevamo a cambiare banconote false che prelevavamo a Scafati, nel Salernitano, da un maresciallo della Stradale in pensione di cui non ricordo il nome e che non saprei riconoscere». Cosentino parlò anche degli investimenti di alcuni componenti dell’organizzazione: «Vincenzo Bonaddio aveva investito somme di denaro a Feroleto Antico acquistando anche dei terreni in località Cardolo del comune di Feroleto, dove stava realizzando un fabbricato a nome del cognato». Inoltre riferisce Cosentino «tutti sapevano all’interno della cosca che almeno due di quelle villette che sono state costruite da T.G. a Feroleto sono di proprietà di Vincenzo Bonaddio; non so se abbia investito anche al di fuori del territorio calabrese».
Per quanto riguarda Giuseppe Giampà, Cosentino riferisce di non sapere nulla su eventuali investimenti, anche perchè spiegava: «E’ un tipo che non fa investimenti per paura di sequestri e cose del genere, ma sicuramente detiene cospicue somme di denaro in contanti, custodite da qualche persona insospettabile che non so al momento indicarvi, ma so per certo che ne ha la disponibilità in quanto riesce a procurarsi il denaro che gli serve per qualsiasi evenienza in tempi brevissimi».