Processo Perseo: cinque testimoni in aula

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di Stefania Cugnetto
Lamezia Terme – Cinque i testimoni della pubblica accusa per la prima udienza di settembre del processo Perseo, che si sta celebrando nell’aula Garofalo del tribunale di Lamezia. Tutti i testimoni sono stati chiamati a deporre su presunte estorsioni subite ed in particolare sulla posizione dell’imputato Antonio De Vito, definito dagli inquirenti il “tuttofare” di Pasquale Giampà. I cinque testi hanno dovuto rispondere alle domande del pubblico ministero, Elio Romano e a quelle del difensore del De Vito, l’avvocato Wanda Bitonte. Il primo a sedersi sul banco dei testimoni è stato Saverio Scalise, proprietario di un negozio di autoricambi sito a Lamezia, che ha negato di essere mai stato vittima di estorsione da parte di Giampà e De Vito. “Erano miei clienti, si servivano da me – ha affermato in aula Scalise – ci sono le fatture”. Ma l’uomo nel 2013 dichiarò alla polizia una versione diversa. Scalise, dopo l’intervento del giudice Carlo Fontanazza, ha affermato “forse non hanno pagato l’ultima parte perché poi sono stati arrestati, ci sono delle fatture aperte, ma De Vito si serviva da me ed ha sempre pagato”. Nel 2013 Scalise parlò di estorsione agli agenti e di soggetti che prelevavano materiale senza pagare a nome “Giampà”, ma oggi in aula ha assolutamente negato di aver mai subito atti estorsivi ed ha dichiarato, “qualcuno veniva a nome di Pasquale Giampà, ma era un cliente quindi era una cosa normale”. L’uomo evidentemente in difficoltà ha continuato ad affermare “erano miei clienti, si servivano da me da tanti anni quindi a volte regalavo qualcosa”, mentre nel 2013 disse agli ufficiali della polizia giudiziaria “davo merce gratis a chi veniva a nome dei “Giampà” per continuare a lavorare tranquillamente”, il testimone quantificò la merce data in maniera gratuita in 7-8.000 euro, ma anche questo dettaglio non viene confermato in aula dal testimone. Il pubblico ministero, Elio Romano, parla al testimone di un assegno che Scalise avrebbe cambiato, nel 2013 disse “venne una persone a nome della cosca Giampà e gli diedi 2.000 euro per paura di ritorsioni”, mentre in aula ha affermato, “ricordo l’episodio ma non era Giampà, era un mio cliente”. Scalise ha riconosciuto l’uomo in Aldo Notarianni ma in aula ha precisato, “era Notarianni ma non ho mai detto che faceva parte della cosca Giampà”. Il testimone in conclusione afferma di voler confermare il verbale del 2013. A questo punto il presidente Fontanazza ha chiesto direttamente a Scalise “perché finora non ha confermato? “, l’uomo evasivamente ha dichiarato “confermo ciò che ho detto allora, ho firmato e confermo”. Una testimonianza confusa, quello di Scalise, che ha portato tutti i presenti in aula e finanche il presidente Fontanazza a chiedersi se il teste fosse “smemorato o intimorito”.

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Secondo testimone a sottoporsi alle domande dell’accusa e della difesa è stato Rina Gullo, madre dell’ex compagna di Antonio De Vito, interrogata dal pubblico ministero riguardo una moto. La donna, confermando la versione che rilasciò agli agenti, ha affermato “c’era una moto nel mio garage ma non so chi la portò via”. “Antonio De Vito e Battista Cosentino, insieme ad altri due – ha dichiarato la Gullo – mi chiesero uno straccio e dell’alcool per pulire la moto, il giorno dopo la moto non era più in garage”.

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Tra i testimoni anche due detenuti, Giuseppe Squillace e Vincenzo Longo, entrambi di Polistena ed entrambi ebbero rapporti lavorati con Antonio De Vito nel 2007 per la costruzione di istituto scolastico a Polistena. Squillace ha affermato che Antonio De Vito doveva dei soldi a lui e a suo cugino per dei lavori svolti. L’uomo ha raccontato di essersi recato con suo cugino a Lamezia per poter saldare il debito con il De Vito ma senza riuscirci.

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Quarto testimone in video conferenza, Vincenzo Longo, proprietario di un’impresa che produceva calcestruzzo di Polistena. Impresa che venne messa sotto sequestro per misure cautelare e che nel 2007 l’azienda era sotto proprietà giudiziaria, stesso anno in cui il testimone ebbe rapporti lavorativi con la ditta di De Vito, per la costruzione della scuola. Il Longo però ha affermato di non conoscere De Vito, mentre nel verbale del 2007 dichiarò di averlo conosciuto una sola volta sul cantiere. Il testimone ha poi dichiarato, “confermo ciò che ho dichiarato allora, ora ricordo poco”, l’uomo ha affermato di aver avuto rapporti con Battista Cosentino per vedere saldati i lavori dalla ditta di De Vito, “io lo conoscevo come dipendente, lo chiamavo per essere pagato”.

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Ultimo testimone in aula, Salvatore Caterisano, geometra di Catanzaro. Anche quest’ultimo testimone ebbe rapporti lavorativi con la ditta di De Vito, il Caterisano lavorò per la ditta, occupandosi del personale e della gestione dei cantieri, ed in particolare del cantiere di Nocera Terinese e di Polistena.
Il processo ordinario Perseo si celebrerà a più stretto giro, infatti, dal mese di settembre ci saranno due udienze alla settimana, mercoledì e venerdì, fino al 18 dicembre, data in cui è prevista la sentenza.